Crescono gli investimenti e diminuiscono le aree sotto infrazione europea per la depurazione; la gestione diventa sempre più "industriale" anche se il Sud rimane indietro rispetto al resto del Paese; si fanno passi avanti verso una gestione unica degli ambiti territoriali, mentre la tariffa è ancora tra le più basse d'Europa: è la fotografia dell'acqua in Italia scattata dai nuovi dati del Blue Book, la monografia sull'industria del servizio idrico integrato realizzata dalla Fondazione Utilitatis, il centro ricerche di Utilitalia, la Federazione delle imprese di acqua energia e ambiente, in un'anteprima presentata nella giornata conclusiva del Festival dell'Acqua a Bressanone. Sul fronte tariffario l'Italia resta ancora uno dei Paesi con i livelli più bassi. Lo stesso metro cubo di acqua che a Roma si paga 1,69 dollari (rilevazione 2017), a Berlino costa 5,4 dollari, a Oslo 4,7 dollari, a Parigi 3,5 dollari e a Londra 2,6 dollari. La media annuale degli investimenti lordi effettivamente realizzati, da una prima stima su un bacino di oltre 32 milioni di abitanti, ammonta, riferisce il Blue Book, a 37 euro a persona, avvicinandosi al valore di 40 euro pro-capite nel caso dei gestori verticalmente integrati. Sul fronte delle infrazioni europee, inflitte all'Italia per il mancato o non corretto adempimento della direttiva europea sulle acque reflue, gli agglomerati relativi alla prima procedura di infrazione (2004/2034), per la quale la Corte di Giustizia ha già irrogato una multa, si sono ridotti da 109 a 74, mentre per la seconda infrazione giunta a sentenza (2009/2034) sono stati sanati 27 siti irregolari su 41.
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Utilitalia