(ANSA) - BOLOGNA, 2 FEB - "Il settore è interessante ed in
espansione, stiamo mettendo a punto un progetto di filiera
cercando di organizzare i produttori in collaborazione con
partner cooperativi e non, coinvolgendo allevatori di diverse
zone del paese. Obiettivo? Dare valore aggiunto al prodotto e
più opportunità a realtà aziendali di piccole e medie
dimensioni". Lo ha detto il presidente della Cia Emilia-Romagna,
Antonio Dosi, in apertura del convegno "Il latte biologico
italiano: analisi del contesto e indicazioni per la crescita",
iniziativa promossa da Cia e Anabio (l'associazione degli
allevatori biologici della Cia) a Bologna, a cui ha fatto
seguito una tavola rotonda su quali strategie adottare per
incrementare produzione e consumo di 'biolatte'.
Secondo i dati del Sinab (Sistema nazionale di informazione
sull'agricoltura biologica del Ministero per le Politiche
agricole) il patrimonio nazionale dei bovini da latte bio
raggiunge oggi circa le 45mila unità, pari al 20% di tutto il
bestiame bovino presente negli allevamenti biologici (285.000).
Riguardo alla produzione di latte, la stima elaborata da Ismea
parla, per il 2014, di un quantitativo totale superiore ai 300
milioni di litri ( pari al 2.7% del totale del latte prodotto in
Italia) per un valore alla produzione di 158milioni di euro (
pari al 3.5% della PPB nazionale, ovvero il valore della
produzione ai prezzi di base) con un premium price riconosciuto
alla stalla del 28% superiore a quello destinato al latte
convenzionale.
In Emilia-Romagna sono 280 le aziende zootecniche biologiche
con bovini è più di 50 miste, ovvero con bovini e suini. "Un
contesto di mercato che sottolinea una netta controtendenza
rispetto alla situazione di grave difficoltà in cui versa il
settore lattiero caseario convenzionale - ha detto Federico
Marchini, presidente nazionale Anabio - rinforzata sul fronte
dei consumi da una crescita, nel primo semestre 2015, della
spesa di oltre il 4%; cifra destinata a crescere visto il trend
positivo degli acquisti anche nel secondo semestre"."La
conversione da convenzionale a biologico pone tuttavia alcuni
problemi ed incognite - ha spiegato Giacomo Pirlo del Crea,
Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi
dell'economia agraria - ovvero un forte impegno per
l'investimento iniziale, l'adeguamento del carico di bestiame
secondo i limiti imposti dal regolamento, la modifica radicale
del piano colturale e la necessità di valorizzare il prodotto".
Gli allevatori hanno poi a che fare con i costi più alti per
produrre latte biologico. "Negli ultimi anni però, soprattutto
con la crisi dei prezzi del settore lattiero caseario europeo ed
italiano nel suo complesso iniziata nel 2014, la domanda per i
prodotti biologici ha continuato a crescere a ritmi che
l'offerta non è riuscita a coprire - ha spiegato Alberto Menghi
del Crpa, Centro ricerche produzioni animali - e si è generato
un differenziale di prezzi tra latte biologico e convenzionale
interessante nell'ordine del 50%".
"Abbiamo un biologico che ci pone tra le prime regioni in
Italia come produzioni biologiche - è intervenuta l'assessore
regionale all'Agricoltura Simona Caselli - e la qualità del
latte bio sottolinea la capacità di fare qualità nella nostra
regione. Ricordo che il 30% delle risorse erogate dalla Regione
attraverso il Psr, piano di sviluppo rurale, è stato
intercettato da imprese biologiche". (ANSA).