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Caos nella maggioranza. Renzi nega lo spettro della crisi. Torrisi resta, Alfano lo caccia

'Non ci rappresenta a vertice commissione Affari costituzionali'

Angelino Alfano 'scomunica' Salvatore Torrisi dopo la vicenda di mercoledì della sua elezione a presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato. "Prendo atto della scelta del senatore Torrisi - ha detto il presidente di Alternativa popolare Angelino Alfano -. Amen. Ha scelto la sua strada. La nostra è diversa: il senatore Torrisi non rappresenta Ap al vertice della commissione Affari costituzionali". 

Poi da Alfano l'attacco al Pd e al presidente che mercoledì ha chiesto un incontro al capo dello Stato dopo la vicenda Torrisi: "Da Orfini - aveva detto Alfano - ho sentito parole surreali. Siccome non siamo nati ieri e abbiamo capito il giochino dico che non ci stiamo. Se qualcuno cerca pretesti per far cadere il governo e andare al voto anticipato lo dica chiaro". 

"Non ci penso proprio a lasciare il gruppo. Forse Alfano parlava del partito. E il gruppo è una cosa e il partito un'altra. Ma nella riunione di ieri tutti i colleghi del gruppo mi hanno espresso solidarietà. Quindi io per il momento resto qui, non me ne vado". Così il neo presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato Salvatore Torrisi, raggiunto telefonicamente dall'ANSA, replica alla dichiarazione di Alfano secondo cui lui non essendosi dimesso come richiesto "non rappresenta più Ap in commissione".

Ma la presidente dei senatori di Ap, Laura Bianconi, replica: "Le riunioni di gruppo sono state prima delle parole di Alfano. Con il massimo rispetto di Torrisi io sto con Alfano ed ero accanto a lui quando ha parlato". 

E Matteo Renzi lancia la sfida: "Il fronte del no al referendum, al Mattarellum, all'Italicum, quello che ha votato Torrisi e ora è maggioranza, adesso ci faccia qualche proposta".

Poi Renzi, incontrando i parlamentari della sua mozione, spiega: "Un episodio grave e profondamente antipatico, non si può tornare al linguaggio della prima repubblica. La parola crisi di governo non la vogliamo sentire pronunciare. Questi sono giochini da prima repubblica".

LA GIORNATA DI MERCOLEDI' (di Serenella Mattera)

Lo spettro di una crisi di governo si materializza improvviso. In Senato non regge il patto di maggioranza e, con voto segreto, viene eletto alla presidenza della commissione Affari costituzionali Salvatore Torrisi, di Ap, invece del candidato Pd Giorgio Pagliari. (ECCO COSA E' SUCCESSO).

La reazione di Matteo Renzi e dei parlamentari a lui vicini è immediata e furente: "E' un patto della conservazione tra M5S e FI, Mdp e Ap per non cambiare la legge elettorale", accusano. E a stretto giro i vertici Dem chiedono un incontro al premier Paolo Gentiloni e al presidente Sergio Mattarella per un chiarimento politico.

Così non si può andare avanti, dicono i renziani. E anche Andrea Orlando osserva che l'episodio può portare al voto anticipato. In serata, dopo un colloquio con Gentiloni, Angelino Alfano chiede a Torrisi di dimettersi per permettere l'elezione del candidato Pd. Poi il premier vede i vertici Dem e garantisce il suo "impegno per la coesione della maggioranza". Ma la tensione è alle stelle, anche tra i Dem.

E torna lo spettro delle urne a settembre. Dopo il referendum, ragionano i renziani, la legislatura si è sfilacciata, come dimostrano gli screzi con alfaniani e bersaniani, dal Def ai voucher, alla legge elettorale. A questo punto tra gli uomini vicini all'ex premier cresce la tentazione di sfidare i Cinque stelle per votare insieme in tempi brevi il Legalicum (cioè l'Italicum corretto, senza i capilista bloccati). A quel punto ci sarebbero le condizioni per chiudere la legislatura e andare al voto. Intanto il "casus belli" è il voto per la presidenza della commissione del Senato da cui passa la legge elettorale. Il Pd candida Pagliari. Ma il voto segreto finisce 16 a 11 per il centrista Torrisi.

Chi lo ha eletto? Partono accuse incrociate: ai voti di M5s e Fi si sono sommano senatori di maggioranza e il Pd punta subito il dito contro Mdp e Ap. "Guardino in casa loro", replicano Bersani e Speranza, che invitano a guardare alle divisioni dei Dem. Anche Alfano invita a cercare i franchi tiratori nel Pd (perché non i renziani?, sibila qualcuno) e Torrisi tiene il punto: per il momento non si dimette. "Una tempesta in un bicchier d'acqua, Torrisi è stato presidente supplente in questi mesi", invita alla calma il presidente del Senato Pietro Grasso. Ma per i Dem il voto ha un senso politico: dimostra che non c'è volontà di cambiare la legge elettorale, si vuole il proporzionale. "Si è superato il limite", dice Luigi Zanda, nel mirino dei renziani per non aver saputo gestire la vicenda. "La lealtà in maggioranza non è un optional", avverte Ettore Rosato. Mentre Matteo Orfini, reggente del Pd, attacca Mdp: "Sono in maggioranza? Non mi pare...".. A Gentiloni e Mattarella il Pd chiede un confronto e in serata Guerini e Orfini vanno a Palazzo Chigi. Tra premier e capo dello Stato nel pomeriggio ci sarebbero stati contatti ma al Quirinale reputano la richiesta di esser ricevuti irrituale. Interviene Gentiloni: ad Alfano, che gli assicura il passo indietro di Torrisi, e al Pd esprime "preoccupazione" per quello che reputa un "episodio grave". Ma il caso non è chiuso. Sull'azione di governo, aveva detto in mattinata Renzi, "mi fido di Gentiloni ma l'importante è che il gatto prenda il topo".

Ma anche nel Pd è scontro. I sostenitori di Emiliano e di Orlando attaccano i renziani: "Il Pd rischia di diventare fattore di instabilità", dice Gianni Cuperlo. E fa discutere una frase di Renzi in un'intervista a Panorama, che lascia intendere che lascerebbe la politica in caso di sconfitta alle elezioni. E' 'personalizzazione'? Il settimanale e l'ex premier: "Ho detto che sarei tornato alla politica solo con i voti. Non mollo - afferma Renzi - e non mollerò mai".

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