(ANSA) - TRENTO, 27 MAG - "Il ricambio generazionale in
Italia rappresenta un fenomeno economico ma anche culturale e
sociale". Il 65% delle imprese con fatturato superiore ai 20
milioni di euro è costituito da aziende familiari. Entro i
prossimi 5 anni è previsto in quasi il 20% dei casi (dato che
più o meno equivale alla percentuale di ultrasettantenni ancora
alla guida) il passaggio del testimone dei fondatori agli eredi.
Solo il 30% delle aziende sopravvive al proprio fondatore e solo
il 13% arriva alla terza generazione. Sono tra i dati
sottolineati dal presidente dei Giovani Imprenditori di
Confindustria, Riccardo Di Stefano, a Trento, dove al Festival
dell'Economia ha fatto tappa il tour degli industriali under40
per approfondire i temi del ricambio generazionale, legato al
libro 'La staffetta' di Mario Benedetto.
"Il contesto economico in cui sono costrette a muoversi le
aziende, è sempre più difficile e incerto per la pressione
fiscale, oltre all'elevato costo del lavoro, agli oneri legati
alla burocrazia, all'incertezza del sistema del contenzioso
civile, alla concorrenza, al costo dell'energia" Così, rileva il
presidente dei Giovani Imprenditori, "spesso nel desiderio del
fondatore c'è la volontà di risparmiare ai figli sacrifici e
preoccupazioni che derivano da questo status quo". E "talvolta è
proprio questa la leva che spinge all'alienazione dell'azienda
ad altri player nazionali o, sempre più spesso, multinazionali.
Non sono rari i casi in cui questa preoccupazione spinge alla
cessazione dell'attività con conseguenze indirette sul
territorio e sul nostro tessuto economico". Il rischio è anche
quello di bruciare "tanto valore, tanta esperienza che invece si
dovrebbe preservare".
"Salvaguardare il bene aziendale - prosegue - non vuole dire
necessariamente far succedere il figlio nel medesimo ruolo del
padre. Un erede può scegliere per sé il ruolo di azionista, può
favorire processi di aggregazione con altre realtà, può
scegliere di sviluppare solo alcuni asset aziendali". Nel
passaggio generazionale in impresa "il punto nevralgico riguarda
la formazione e lo stile di guida delle nuove generazioni: nuove
visioni e competenze più aggiornate rispetto alle sollecitazioni
del contesto contemporaneo, conducono spesso a stili di guida
dell'azienda diversi rispetto alla generazione precedente". In
ogni caso, dice Di Stefano, "è un processo vantaggioso che, se
guidato dalla giusta consulenza e integrato con una formazione
finanziaria adeguata, può portare a consolidamenti che
contribuiscono a distendere il valore dell'azienda e del lavoro
familiare nel tempo". Ed è "essenziale, inoltre, investire nella
formazione dei manager perché vadano a coprire il fianco
scoperto della seconda generazione, consentendo ad essa di
maturare esperienza garantendo, allo stesso tempo, una longevità
all'azienda". (ANSA).