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Sicilia prima Regione a abolire Province

Assessore Valenti, riforma di portata storica

(ANSA) - PALERMO, 26 MAR - La Sicilia è la prima regione in Italia ad abolire le Province regionali. L'Ars ha approvato l'11 marzo scorso la legge regionale, che modificando l'impianto istituzionale vigente, sopprime i 9 enti intermedi, istituendo altrettanti Liberi Consorzi dei comuni e le città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. "E' una riforma storica - dice l'assessore regionale alla Funzione pubblica e Autonomie Locali, Patrizia Valenti - perché riguarderà tutto l'assetto di governo della Regione; lavorando sulle Province, abbiamo contribuito a modificare la forma amministrativa, alleggerendola di funzioni e competenze, che saranno decentrate nel territorio e permetteranno alla Regione di riacquistare le funzioni di indirizzo, programmazione e controllo, attraverso la riorganizzazione degli uffici periferici". La legge, in vigore da venerdì 28 marzo, data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, definisce un impianto di carattere generale che sarà completato in autunno, quando il governo Crocetta porterà in aula il ddl che consentirà di trasferire funzioni e competenze ai nuovi organismi. Nelle more dell'approvazione della successiva legge, le Province continuano ad essere rette dai commissari straordinari.
    "Aver deciso di definire un impianto generale, per rinviare a un secondo provvedimento - prosegue Valenti- il trasferimento di funzioni e competenze, ci ha consento di procedere step by step, passo dopo passo. Il nostro intento è procedere a una riorganizzazione dei diversi enti individuando funzioni e competenze senza sovrapposizioni. Questo processo riguarderà anche il personale - circa 6mila dipendenti delle Province e quelli delle 260 società partecipate - che va mantenuto valorizzando competenze e professionalità". La legge, ad esempio, consente ai comuni di creare Liberi consorzi, in aggiunta ai 9 già previsti. Entro sei mesi dalla sua entrata in vigore, i comuni, con deliberazione adottata dai consigli comunali a maggioranza di due terzi, possono decidere di costituirne di nuovi, purché sussistano due requisiti: popolazione non inferiore a 180 mila abitanti e continuità territoriale tra i comuni aderenti. Altra condizione per il distacco è che nel Libero consorzio di provenienza la popolazione non risulti inferiore a 150 mila abitanti. L'efficacia della deliberazione del consiglio, però, è subordinata all'esito favorevole di un referendum da sottoporre ai cittadini iscritti nelle liste elettorali del Comune.
    "Nei prossimi mesi - dice Valenti - anche avremo un quadro geografico chiaro sulla composizione dei Liberi consorzi, ad esempio. Così facendo avremo modo di attuare un processo di riforma altamente democratico, dando l'ultima parola ai territori, ma anche di approfondire e simulare il modello finale a cui vogliamo tendere". "Le funzioni potranno essere trasferite ai singoli comuni, alla città metropolitane o alla Regione - sottolinea-. Stiamo valutando la possibilità, ad esempio, di far tornare ai geni civili la competenza sulle strade provinciali; oppure di demandare ai singoli comuni la manutenzione delle scuole secondarie, per farlo occorre individuare le risorse da destinare".
    A regime la riforma dovrebbe consentire un risparmio per le casse pubbliche di circa 100 milioni di euro. "Nel 2013 - conclude Valenti - abbiamo già risparmiato 11 milioni di euro per effetto dell'abolizione degli organi rappresentativi". A queste somme dovranno aggiungersi altre riduzioni di spesa derivanti, ad esempio, l'accorpamento degli enti e dalla riduzione delle strutture amministrative. (ANSA).
   

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