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Referendum: in Sardegna una valanga di No

Riforma bocciata dal 72,2% dei sardi

E' la Sardegna la regione dove il No ha ottenuto il maggior numero di voti, con una percentuale "bulgara" del 72,22%, mentre il Sì si è fermato al 27,78% (le schede bianche sono state 1.335, pari allo 0,15%, le schede nulle 3.732, pari allo 0,43%).

In particolare, il record va alla provincia di Oristano, dove il No ha vinto con il 73,98%, seguita di poco dalla provincia di Cagliari (73,78%). Segue la provincia di Nuoro, con il 71,25%, mentre in provincia di Sassari il No si è attestato sul 69,38%. L'affluenza nell'isola è stata del 62,45%.

 

NO A VALANGA SCUOTE CENTROSINISTRA - Il terremoto post referendum si abbatte anche in Sardegna, la Regione che più di ogni altra ha garantito l'exploit del No, esprimendosi ben oltre le aspettative contro la riforma costituzionale. Ora, dopo le annunciate dimissioni del premier Matteo Renzi, nell'Isola si apre una fase nuova.

Il governatore Francesco Pigliaru si era subito espresso a favore della nuova Carta, spendendosi in prima persona per il Sì, anche contro buona parte della sua coalizione che ha sostenuto invece le ragioni del No, tranne ovviamente l'isolato partito di maggioranza relativa, il Pd. E se gli alleati tornano alla carica con la reiterata richiesta di un rimpasto, si profila un primo scossone con l'uscita dalla Giunta dell'assessora all'Agricoltura, Elisabetta Falchi, esponente dei Rossomori, un passaggio che aprirebbe di fatto la verifica politica.

La voce si rincorre da giorni scorsi, ma già in tempi non sospetti i Rossomori, presentando il Comitato sardo per il No, erano stati chiari: "se vince il No e il presidente non è più in sintonia con il proprio popolo, deve prenderne atto e andare via". Oggi questa posizione viene leggermente limata, ma la sostanza rimane. "D'ora in avanti - dice il consigliere Paolo Zedda - la Giunta cambi atteggiamento, lasci da parte questa gestione succube e il rapporto di sudditanza mortale con il governo nazionale. O si cambia strada subito puntando su più autonomia e capacità di muoversi da soli, o è meglio cambiare compagni di viaggio".

"Questa conduzione della Regione è del tutto inadeguata - rincara la dose il leader dei Rossomori Gesuino Muledda - E non vediamo come a questo si possa rimediare con il partito di maggioranza relativa che ha mutato il proprio Dna e un presidente della Giunta delegittimato da sé stesso prima ancora che dai risultati negativi dell'azione di governo. Ora è tempo di ringraziare questo nostro popolo per la resistenza opposta a chi voleva ignobilmente travolgere Costituzione e Statuto".

Daniele Cocco, invece, capogruppo di Sel in Consiglio regionale, rinnova la "massima fiducia nel presidente" ma ricorda che "già prima del referendum avevamo chiesto il rilancio dell'azione programmatica e il rimpasto della Giunta. Pigliaru è stato eletto per governare la Sardegna non per riformare la Costituzione. L'Isola non si può permettere una crisi di governo ora". In fermento in sovranisti. "In Sardegna - scrive nel suo blog l'assessore Paolo Maninchedda, leader del PdS - c'è lo spazio politico perché l'indipendentismo democratico, europeista e pluralista, si affermi e costruisca uno scenario politico diverso rispetto allo schema italiano.

Il Partito dei Sardi da tempo chiama questo spazio il luogo di costruzione di una grande forza politica plurale che chiamiamo Partito della Nazione Sarda. Un Pd che si dovesse riscoprire socialista e, noi auspichiamo, il più possibile indipendentista, sarebbe di grande aiuto per scuotere e rinnovare la Sardegna e renderla più sovrana".

Tutto il centrodestra va all'attacco di Pigliaru chiedendone di lasciare la poltrona di viale Trento. "Renzi ha mostrato quella sensibilità politica che lo ha portato alle dimissioni, credo che sul livello regionale si dovrebbe fare altrettanto - afferma il coordinatore regionale di Fi Ugo Cappellacci - Il presidente, con questo atteggiamento per il Si al referendum, si è dimesso da sardo e ora dovrebbe fare altrettanto con il governo della Sardegna: spero che non ci costringa a chiederglielo per forza in Consiglio".

Secondo il capogruppo dell'Udc Gianluigi Rubiu, "la risposta dei sardi così forte vuole evidenziare gli aspetti negativi della politica di Renzi e Pigliaru: è un No allo sfascio nella sanità e nei trasporti, sull'immigrazione e la carenza di lavoro. Renzi prima e Pigliaru poi alzino bandiera bianca e lascino spazio". "Non c'è dubbio che il risultato sardo così clamoroso sia un pesante giudizio sul lavoro della Giunta - conferma Michele Cossa dei Riformatori - credo che Pigliaru debba trarne le conclusioni e andare rapidamente a casa, senza neanche attendere la Finanziaria".

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