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Caos nel Pd, Richetti lascia, Bonaccini lotta

Primarie diventano incognita, nel partito si lavora a un piano B

(Di Leonardo Nesti)

(ANSA) - BOLOGNA, 9 SET - Doveva essere il giorno della chiarezza, quello che, con la presentazione delle candidature, dava il via alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato alla presidenza della Regione Emilia-Romagna. E' stato invece il giorno in cui tutta la vicenda rischia di dover ripartire da zero: sia Matteo Richetti sia Stefano Bonaccini, i due candidati renziano di punta del Partito Democratico, sono indagati dalla procura di Bologna nell'ambito dell'inchiesta sui rimborsi dei gruppi consiliari. Il primo si è ritirato dalle primarie, il secondo no.
    Richetti aveva spiazzato tutti quando, alle 12, termine fissato per la presentazione delle candidature, non aveva presentato le firme, ritirandosi, di fatto, dalle primarie. Un ritiro spiegato ai suoi sostenitori con motivi di "unità del partito", almeno fino a che, nel pomeriggio, non si è appreso che era indagato per peculato: la procura gli contesterebbe un uso improprio dei soldi pubblici all'epoca in cui era presidente del consiglio regionale.
    Dopo una giornata di caos dentro il Pd regionale, alle 20 è arrivata, attraverso il suo avvocato, anche la notizia che fra gli indagati c'è anche Stefano Bonaccini, segretario regionale, membro della segreteria nazionale e favorito numero uno per la consultazione fra iscritti ed elettori del 28 settembre. L'unico che, insieme all'ex sindaco di Forlì Roberto Balzani, a mezzogiorno ha regolarmente presentato le firme per la candidatura.
    La situazione è diventata, a questo punto, talmente ingarbugliata che è difficile fare previsioni, soprattutto nell'attesa di capire quale sarà la decisione di Stefano Bonaccini, che al momento si è limitato a comunicare di "essere formalmente a disposizione per chiarire ogni eventuale addebito" e di confidare di "poter dare al più presto ogni opportuno chiarimento". A questo punto, al di là dell'aspetto giudiziario, Bonaccini ha due strade davanti a sé: potrebbe cambiare idea e ritirarsi dalla competizione come ha fatto quello che fino a ieri era il suo avversario, oppure rimanere in campo confidando di poter dimostrare la sua estraneità, consapevole, tuttavia, di essere destinato a condurre una campagna elettorale sotto il fuoco incrociato, che arriverà sia da dentro sia da fuori il suo partito.
    In ogni caso, inevitabilmente, dentro il Partito Democratico si è già cominciato a lavorare ad un piano B. I nomi che tornano in ballo sono gli stessi che inizialmente erano usciti all'inizio del dibattito sulle primarie: il sindaco di Imola Daniele Manca, oppure il ritorno in terra emiliano-romagnola di un ministro del governo Renzi, Graziano Delrio o Giuliano Poletti.
    Difficile, in ogni caso, escludere altre soluzioni. Certo è che stavolta dovrà essere Matteo Renzi ad assumersi in prima persona l'onere di sbrogliare la matassa: quello di perdere l'Emilia-Romagna è un rischio che il Pd non può nemmeno lontanamente permettersi di correre. (ANSA).
   

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