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Padoan: "Avanti con i tagli delle tasse, ma siano credibili"

Poletti: "Sul costo del lavoro la scelta c'è, la proposta non ancora"

Il taglio delle tasse ci sarà nel 2017 e dovrà essere "credibile e sostenibile". Riparte il dibattito sulla sforbiciata al fisco alimentato anche dall'andamento migliore delle aspettative dei dati sulla crescita (+0,8% nel 2015) che fanno ben sperare per l'anno in corso. Al momento però, nonostante le voci di un anticipo, il timing resterebbe immutato: quest'anno, con la Legge di Stabilità si procederebbe al taglio per le aziende, l'Ires, e ad ulteriori alleggerimenti sul costo del lavoro (decontribuzione) ma probabilmente senza interventi sul cuneo fiscale. Poi nel 2017 si inizierebbe ad 'intaccare' l'Irpef. Ma come è ancora tutto da decidere anche perchè qualunque intervento del genere andrebbe ben calibrato sulla platea per evitare che l'alleggerimento raggiunga tutti indistintamente.

"Il taglio delle tasse - spiega oggi il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ospite a Radio Anch'io - è uno dei segni distintivi della strategia economica del governo che continuerà, ma come ho sempre detto dall'inizio, devono essere credibili e sostenibili, altrimenti non danno il segnale che si abbattono definitivamente''. Ci sono ''già tagli per il 2017. Aggiungo che nel taglio di tasse va ricompresa l'eliminazione delle clausole di salvaguardia''. Cioè il 'peso' dell'intervento va calcolato al 'netto' dell'eliminazione delle clausole (circa 15 miliardi su Iva e accise) e non potrà quindi certo essere di dimensioni notevolissime. Resta però pur sempre da sondare la Commissione Ue sui margini di flessibilità sui quali l'Italia potrà contare ora che anche con il presidente della commissione Ue, Jean Claude Juncker, l'atmosfera sembra meno 'tesa'. Questo anche se il Belpaese ha a che fare ancora con la palla al piede di un debito pubblico 'monstre' (nel 2015 al 132,6% del Pil, il massimo dal 1995 ma sotto le stime del Def) e, come nel resto di Eurolandia, con il riaffacciarsi della deflazione. Una situazione ancora sotto controllo tanto che il membro del comitato esecutivo della Bce, Benoit Coeuré avverte: "in molti Paesi dell'Eurozona gli alti livelli di debito non lasciano spazio a margini di manovra di bilancio".

Sul fronte del costo del lavoro interviene il ministro Giuliano Poletti per spiegare intanto che "stabilizzeremo la situazione di fatto, per cui i contratti a tempo indeterminato continueranno a costare meno". Continuerà quindi ad essere più conveniente assumere a tempo indeterminato ma ancora non si vede un intervento sul cuneo fiscale che potrebbe anche lasciare più soldi nelle buste paga dei lavoratori: "non è detto, noi dobbiamo guardare ad una batteria di situazioni, che fanno riferimento al tema fiscale, a quello previdenziale". Adesso, aggiunge, "non siamo nelle condizioni di fare una proposta". Quindi, la questione di come rendere permanente la riduzione del costo del lavoro stabile "si innescherà" dopo il 2017, ovvero a termine della misura oggi prevista sugli sgravi. E mentre i sindacati fanno pressing ("Il Paese - dice Annamaria Furlan - necessita di una riforma fiscale vera, non di continui bonus") e l'opposizione protesta ("Il 2015 - dice Renato Brunetta - è andato male come crescita, bassa inflazione, bassa occupazione e il 2016 sarà ancora peggio") dal Regno Unito arriva una buona notizia: il Cancelliere dello Scacchiere britannico, George Osborne, ha annunciato che il taglio alle fascio di reddito più alte nel Regno Unito (con l'aliquota massima dal 50 al 45%) introdotto nel 2013, ha portato 8 miliardi di sterline (10 miliardi di euro) nelle casse dello Stato.

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