(ANSA) - AOSTA, 05 MAG - Un biglietto aereo pagato alla moglie di un consigliere regionale con i soldi del gruppo? E' una solo una "grave e odiosa negligenza", ma non può "integrare il dolo di peculato". Lo scrive il giudice del tribunale di Aosta Maurizio D'Abrusco nelle 141 pagine in cui motiva l'assoluzione di tutti i 24 imputati - politici, funzionari di partito e sette consiglieri regionali in carica - nel processo sulle spese dei gruppi del Consiglio regionale della Valle d'Aosta tra il 2009 e il 2012.
Per il giudice infatti, in questo caso - una "eccezione" rispetto alle altre contestazioni - manca "una reale volontà di appropriazione del denaro pubblico".
NORMA "ECCESSIVAMENTE GENERICA"
La norma regionale allora in vigore era "eccessivamente generica" e "esemplificativa" e i gruppi consiliari hanno "natura bivalente" (organo interno al Consiglio regionale, ma anche organismo politico). Per questi motivi, secondo il giudice, nei casi di spese documentate ma apparentemente non pertinenti, "occorrerebbe interrogarsi sulla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato".
RENDICONTAZIONE NON OBBLIGATORIA
Riguardo al peculato per spese non giustificate inoltre la norma regionale non obbligava a una rendicontazione vera e propria, quindi l'assenza di ricevute e scontrini non può affermare la "penale responsabilità per il reato". In caso contrario, per il giudice dell'udienza preliminare Maurizio D'Abrusco, si arriverebbe a "un'inammissibile inversione dell'onere probatorio in violazione della presunzione di innocenza".
SPESE CON FINALITA' POLITICHE
La funzione politica del gruppo poi fa sì che "non pare rispondere a criteri di logica, oltre che giuridici ed empirico-fattuali, il voler ricondurre le spese sostenute per attuare finalità politiche al reato di illecito finanziamento del partito": se le spese per questi scopi sono pertinenti, spiega il giudice, il finanziamento illecito al partito, come il peculato, "non è configurabile", mentre in caso contrario "il reato non è supportato dal dolo".
FINANZIAMENTO DEI GIORNALI
Riguardo all'illecito finanziamento ai partiti tramite i giornali degli stessi organismi, "è inammissibile, in quanto pericolosamente antidemocratico oltre che incostituzionale, che si pretenda di attribuire una qualche valenza penalisticamente rilevante alla opinabile valutazione della quantità di 'spazio' e della qualità e natura di contenuti riservati ai Gruppi all'interno del giornale". Allo stesso modo, per il gup "non è ammissibile che si pretenda di trarre giudizi sulla inerenza o meno di una spesa dal 'titolo' di locandine, manifesti, volantini relativa a incontri, convegni". La stessa tesi vale per le relazioni tra le spese sostenute e i temi inseriti "nell'agenda lavori del Consiglio".
In merito alla contestata indebita percezione di contributi pubblici con riferimento a quelli per il sostegno della Regione all'editoria locale, il giudice chiarisce la compatibilità di questi fondi con quelli del gruppo.
La norma, chiarisce il gup, non dava una "patente di sperpero del denaro pubblico" ma faceva affidamento "sul senso di responsabilità" dei consiglieri regionali che agivano negli "interessi di un'intera collettività".
RIMBORSI PREVIDENZIALI DEL GRUPPO PD
In merito alla contestazioni di peculato ai consiglieri del Pd dell'epoca, riferita ai rimborsi previdenziali, il giudice scrive che gli imputati "versavano al partito, in virtù di previsione statutaria, buona parte dell'indennità di carica, cosicché il partito si obbligava a versare i costi di natura assicurativa, previdenziale e fiscale sostenuti dai consiglieri durante il mandato. Pertanto i consiglieri maturavano nei confronti del partito un credito al rimborso degli oneri fiscali e previdenziali".
Oltre ad andare distinta dalla responsabilità contabile, scrive il giudice in premessa, la materia penale va tenuta distinta da "interferenze, condizionamenti o valutazioni che facciano leva o si fondino sul sentimento di indignazione popolare".
La Procura di Aosta contestava a vario titolo ai 24 esponenti di Pd, ex Pdl, Union Valdotaine, Federation autonomiste e Alpe le accuse di peculato, finanziamento illecito dei partiti e indebita percezione di contributi pubblici, per un impiego illecito di quasi un milione e mezzo di euro.