(ANSA) - PALERMO, 9 GEN - Insieme all'azienda di famiglia
aveva ereditato le richieste di pagamento del pizzo. E' una
storia di vessazione e riscatto nel feudo del boss Messina
Denaro quella raccontata da 'Press & Imprese', il nuovo
periodico edito da Confindustria Centro Sicilia in
collaborazione con Confindustria Caserta, nell'ambito del
progetto Pon "Caltanissetta e Caserta sicure e moderne".
Protagonista è Gregory Bongiorno, presidente di Confindustria
Trapani che, nel 2004, dopo la morte della madre (il padre era
stato ucciso nel 1989) eredita l'azienda di famiglia Agesp: 300
addetti impiegati nella gestione dei rifiuti e 18 milioni di
fatturato. Ai boss di Castellammare del Golfo che nel 2005
bussano alla sua porta chiedendogli il pizzo, Bongiorno paga
inizialmente 10mila euro. Quando riapre nel 2007 riceve
un'ulteriore richiesta di pizzo: 5 mila euro. Un copione che si
ripete ancora, per la terza volta, nel 2013, quando Cosa nostra,
tramite Gaspare Maurizio Mulè, pretende 60mila euro di
"arretrati" per il "pizzo dovuto", secondo i boss, dal 2007 al
2013. Alla terza richiesta estorsiva, però, Bongiorno risponde
con una denuncia a cui segue un'operazione di magistratura e
forze dell'ordine che porta all'arresto di Gaspare Mulè, Fausto
Pennolino, Mariano Asaro, personaggi di spicco della mafia di
Castellammare del Golfo.
"Quando ho rialzato la testa sapevo di non essere più da solo
- dice l'imprenditore - Alle spalle avevo amici e colleghi come
Ivan Lo Bello e Antonello Montante. Gli stessi che il 1
settembre del 2007 decisero di dotare Confindustria di un codice
etico". "Chi denuncia oggi può contare su un sostegno
impensabile fino a qualche tempo fa - prosegue Bongiorno
nell'intervista - Oggi non potrebbe più esserci un Libero
Grassi. C'è lo Stato e al proprio fianco ci sono Confindustria,
Addiopizzo, Libera e la Fai di Tano Grasso, con cui condividiamo
un percorso di associazionismo e lotta al racket. Senza di loro,
e lo posso dire a gran voce, sarebbe stata veramente dura".
(ANSA).