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Morto Riina, Maria Falcone: 'Non gioisco, non perdono'. Capitano Ultimo: 'E' una questione che riguarda lui, la sua famiglia e Dio'

Grasso: 'Pietà, ma non dimentico il sangue versato'. S. Borsellino: 'Scompare una cassaforte di segreti'

CAPITANO ULTIMO - "E' una questione che riguarda lui, la sua famiglia e Dio - commenta il colonnello Sergio De Caprio, il 'Capitano Ultimo' che arrestò, 24 anni fa, Totò Riina - Non ho niente da dire".

L'AUTISTA DI FALCONE, GIUSEPPE COSTANZA -  "Meno se ne parla meglio è". Così Giuseppe Costanza, autista del giudice Giovanni Falcone e unico sopravvissuto alla strage di Capaci, chiede di attenuare il clamore sulla morte di Totò Riina. "Cerchiamo di ridimensionare - dice - la figura di questo signore. Mettiamolo all'angolo. Non merita altro per quello che è stato e per quello che ha fatto. E se ne vada in silenzio con tutti i suoi segreti".

PIETRO GRASSO - "La pietà di fronte alla morte di un uomo - ha detto il presidente del Senato, Pietro Grasso - non ci fa dimenticare quanto ha commesso nella sua vita, il dolore causato e il sangue versato. Porta con sé molti misteri che sarebbero stati fondamentali per trovare la verità su alleanze, trame di potere, complici interni ed esterni alla mafia, ma noi, tutti noi, non dobbiamo smettere di cercarla". 

 

MARIA FALCONE - "Non gioisco per la sua morte - ha detto Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso dalla mafia - ma non posso perdonarlo. Come mi insegna la mia religione avrei potuto concedergli il perdono se si fosse pentito, ma da lui nessun segno di redenzione è mai arrivato. Per quello che è stato il suo percorso mi pare evidente che non abbia mai mostrato segni di pentimento", ha aggiunto. Basta ricordare le recenti intercettazioni in cui gioiva della morte di Giovanni" ha concluso Maria Falcone riferendosi alle conversazioni registrate in carcere tra Riina e un compagno di detenzione in cui il capomafia rideva ricordando di aver fatto fare al magistrato "la fine del tonno".

SALVATORE BORSELLINO: "Ci saranno tante persone - ha detto Salvatore Borsellino, fratello di Paolo - che gioiranno del fatto che Riina, morendo, non potrà più parlare e con la sua morte scompare un'altra cassaforte dopo quella vera scomparsa dopo la sua cattura".

ROSY BINDI - "La fine di Riina non è la fine della mafia siciliana - ha sottolineato  il presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi - che resta un sistema criminale di altissima pericolosità. Totò Riina è stato il capo indiscusso e sanguinario della Cosa Nostra stragista. Quella mafia era stata già sconfitta prima della sua morte, grazie al duro impegno delle istituzioni e al sacrificio di tanti uomini coraggiosi e giusti".

ANDREA ORLANDO - Per il ministro della Giustizia Andrea Orlando, "la firma della deroga al regime del 41 bis per permettere ai familiari di Totò Riina di incontrarlo è stato un gesto giusto, ma la sua morte non ci induca ad abbassare la guardia. Lo Stato in tutte le occasioni deve marcare la propria differenza e distanza dalla mafia - prosegue Orlando - e fare ciò che la mafia non ha fatto con chi è caduto sotto i suoi colpi, manifestando quella pietà che loro non hanno saputo esprimere. Non significa però sottovalutare il pericolo che ancora oggi la mafia rappresenta: muore un protagonista di una stagione, ma la stagione di oggi, seppur forse meno rumorosa e sanguinaria, non è meno pericolosa. La mafia sa cambiare, l'impressione che in qualche modo con questa morte si chiuda una pagina non ci deve indurre in alcun modo ad abbassare la guardia". Il ministro ha concluso affermando che "Riina ha avuto un'assistenza sanitaria e cure adeguate fino all'ultimo momento, lo Stato ha garantito cifra di civiltà che corrisponde alla sua natura democratica".

PIERO FASSINO -  "Ogni volta che una persona scompare - ha detto Piero Fassino, ex guardasigilli - è giusto avere un momento di riflessione e cordoglio che non toglie nulla alle gravi responsabilità che Riina ha per gli atti che ha compiuto".

ANTONIO INGROIA - "Possono tirare un sospiro di sollievo - dice l'ex pm antimafia Antonio Ingroiai tanti potenti che in tutti questi anni hanno sempre temuto potessero venir fuori le verità indicibili su trattativa e stragismo del 1992-93: prima Provenzano e ora Riina sono morti senza parlare, portandosi nella tomba i terribili segreti di cui erano a conoscenza. La morte di Riina copre con una coltre di silenzio omertoso le malefatte di un'intera classe dirigente collusa con la mafia. Per non essere complice di quel silenzio - aggiunge Ingroia - il popolo può e deve ribellarsi contro quella classe politica impunita, responsabile di una delle stagioni più buie della nostra storia".

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