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Truffa in agricoltura, 17 ordinanze Gip

A Catania, ad alcuni indagati contestato il 'metodo mafioso'

(ANSA) - CATANIA, 29 MAR - Miitari della guardia di finanza del comando provinciale di Catania, su delega della locale Procura Distrettuale, stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip nei confronti di 17 indagati accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla truffa a danno dello Stato per il conseguimento di 500 indebite indennità di disoccupazione agricola e corruzione. Ad alcuni è contestato anche l'avere commesso il reato con l'aggravante del 'metodo mafioso'. Tra i destinatari del provvedimento anche un ragioniere, un dipendente dell'Inps e tre presunti appartenenti a un clan.  

   Nell'inchiesta 'Podere mafioso' ci sono oltre 20 gli indagati e almeno una decina di aziende 'fantasma', create, secondo l'accusa, unicamente per appropriarsi illecitamente di contributi pubblici per quasi un milione e mezzo di euro.  Per la Procura di Catania, diretta da Carmelo Zuccaro, i promotori della presunta truffa sarebbero Leonardo Patanè, noto come "Nardo Caramma", detenuto e indacato come appartenenteal clan Laudani; Giovanni Muscolino e Antonio Magro, anche loro detenuti e ritenuti a capo dei gruppi di Giarre e Paternò della stessa cosca. Per i tre il Gip Santino Mirabella ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Un contributo determinante, ritiene l'accusa, sarebbe arrivato anche da ragionieri, periti commerciali e da un dipendente Inps dell'agenzia di Giarre, Filippo Bucolo, che è stato posto agli arresti domiciliari. Secondo la Procura, avrebbe informato Patanè sull'esatto ammontare delle liquidazioni e seguiva da vicino ogni pratica amministrativa che lo interessava.
   Un ruolo importante avrebbero avuto alcuni familiari di Patanè: la moglie Daniela Wissel e i figli Orazio e Ramona, posti ai domiciliari. Come un ragioniere, Alfio Lisi, incaricato di formalizzare la costituzione delle aziende agricole, di iscrivere i falsi lavoratori e di predisporre le buste paga. In cambio, hanno ricostruito le Fiamme gialle, riceveva fino a 800 euro a settimana e aveva in uso un'autovettura.

   Indagati anche i cosiddetti "reclutatori" di braccianti agricoli (Michele 'Franco' Cirami, Vincenzo Cucchiara, Agatino Guarrera, Francesco Gallipoli, Fabrizio Giallongo, Ettore Riccobono, Claudio Speranza, Vincenzo Vinciullo) e il loro "coordinatore" (Carmelo Tancredi), tutti posti agli arresti domiciliari. Si occupavano di ingaggiare i falsi braccianti agricoli e di recuperare, anche con violenza, la parte dell'indennità che spettava all'organizzazione e che ammontava almeno alla metà della somma riscossa che, vincolata da una pluralità di parametri, oscillava da un minimo di 3.000 euro a un massimo di 7.000 euro l'anno.

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