"Rischi di esposizione ad agenti chimici e cancerogeni connessi a sostanze impiegate nelle diverse attività" sono emersi in alcuni documenti acquisiti dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito, che oggi presenta la sua relazione intermedia. Le criticità maggiori sono segnalate nelle zone dei poligoni di tiro, e "ulteriori rischi, altrettanto rilevanti, insidiano le caserme, i depositi e gli stabilimenti militari: sia rischi strutturali, sia carenze di manutenzione, sia presenza di materiali pericolosi come l'amianto", che non risulta ancora integralmente eliminato da navi, aerei, elicotteri in dotazione.
In "svariati poligoni di tiro presenti sul territorio nazionale la mancata o tardiva bonifica dei residui dei munizionamenti ha prodotto rischi ambientali": tra questi il Poligono di Capo Teulada, con la cosiddette penisola interdetta, dove si stima la presenza di oltre duemila tonnellate di materiali inquinanti, il poligono interforze di Salto Quirra, il poligono di Monte Romano e quello del Cellina Meduna, dove solo da poco è iniziata la bonifica.
Pertanto, l'inchiesta della Commissione sottolinea come "il personale militare risulta esposto a rischi fisici, a rischi biologici, a rischi di esposizione ad atmosfere esplosive, nonché a condizioni di stress lavoro correlato". La relazione denuncia anche "l'inammssibile ritardo" sui monitoraggi ambientali nei teatri operativi all'esterno. "Per decenni - si legge nelle relazione - le Forze Armate italiane hanno esposto personale militare e civile a elevatissime concentrazioni di gas radon, un gas radioattivo noto per la sua cancerogenità", e all'amianto. Viene poi evidenziata l'indisponibilità di dati certi sulle malattie correlate: secondo quanto comunicato dalla Difesa, nel comparto si sarebbero verificati 126 casi di mesotelioma; dai dati raccolti dalla Procura della Repubblica di Padova, le malattie asbesto correlate a carico di dipendenti della Marina Militare sono state 1.101.