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25 aprile: rivive a Cuneo ricordo eroi di Boves

Ignazio Vian ricordato con don Benevelli, il prete partigiano

(di Domitilla Conte) (ANSA) - ROMA, 22 APR - Fece il possibile e l'impossibile per evitare morti inutili, difese strenuamente, con i suoi uomini, i civili vessati dai nazifascisti. Torturato ripetutamente fino ad essere spinto a un tentativo di suicidio, fu impiccato infine nel centro di Torino, il 22 luglio del 1944. In una vetrina del Museo della Liberazione di via Tasso, a Roma, c'è un pezzo di pane con due parole scritte in prigione nell'agonia: 'coraggio mamma'. Tra le tante storie della Liberazione, in questo 25 aprile Cuneo ricorda quella di Ignazio Vian, ufficiale dell'esercito che, dopo l'eccidio di Boves, all'indomani del'armistizio, si mise a capo di un gruppo di militari trasformato in una delle prime formazioni partigiane italiane.
    Una serie di celebrazioni, già in corso tra Cuneo e dintorni e che avranno il loro culmine il 25 aprile, ne ricordano la figura in occasione dei 100 anni dalla sua nascita, avvenuta a Venezia il 9 febbraio 1917, e quella di don Aldo Benevelli, prete partigiano che con lui condivise sorti e ideali, morto nel febbraio scorso, a 93 anni, nella sua casa di Cuneo. A promuoverla, l'associazione partigiana 'Ignazio Vian' finora presieduta da don Benevelli al quale è stato ora intitolato un centro culturale. La loro amicizia è un ritratto e un simbolo del rapporto tra mondo cattolico e Resistenza, quest' ultima vissuta nella sua intima essenza di valori condivisi e sopravvissuti alle tempeste della storia.
    Le loro vicende scorrono attorno agli eccidi di Boves, un piccolo paese in provincia di Cuneo. Sulle montagne che lo circondano Ignazio Vian aveva dato inizio alla resistenza dopo l'8 settembre. Alcuni suoi uomini, scesi in paese a far provviste pochi giorni dopo l'armistizio, catturano due soldati tedeschi. Le SS occupano il paese, convocano il parroco e un residente, sostituto del commissario della prefettura in fuga, perché portino un aut aut ai partigiani: la liberazione dei prigionieri o una rappresaglia sui civili di Boves. I partigiani riconsegnano gli ostaggi ma le SS compiono comunque un primo eccidio colpendo anziani, invalidi, donne e bambini, i pochi rimasti in paese dopo l'occupazione. I tedeschi incendiano tutto, uccidono 25 persone compresi il parroco e l'altro messaggero, questi ultimi bruciati vivi. Un secondo eccidio nei mesi successivi lascia sul campo altri 59 morti, tra civili e partigiani. Un bilancio che, senza la resistenza dei partigiani guidati da Vian, sarebbe stato assai peggiore.
    In missione a Torino, Ignazio Vian fu arrestato dai tedeschi il 19 aprile 1944. Detenuto nel carcere delle "Nuove" nel cosiddetto "braccio tedesco", occupato dalle SS, nella cella numero 17, ogni giorno veniva portato nella caserma di via Asti dove veniva torturato perché svelasse i nomi dei partigiani e i loro nascondigli, ma invano. Tentò il suicidio in carcere tagliandosi le vene con un pezzo di vetro trovato sulla camionetta che lo riportava in carcere, temendo di cedere, ma fu curato dai suoi carcerieri perché fosse in condizioni di ricevere la pena di morte. Fu impiccato ad un albero in Corso Vinzaglio, nel centro di Torino, insieme a Battista Bena, Felice Bricarello e Francesco Valentino. I loro corpi rimasero appesi per una settimana perché i tedeschi vietarono di dare loro sepoltura affinché fossero di monito alla popolazione. Nel maggio 1945, durante i giorni della liberazione della città, l'albero fu ornato spontaneamente dalla popolazione di fotografie, fiori e lettere ai martiri. (ANSA).
   

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