(dell'inviata Alessandra Magliaro)
(ANSA) - VENEZIA, 1 SET - Riscoprire Leopardi, fare la sua
conoscenza in maniera approfondita ''è fare un viaggio anche
dentro noi stessi, fare un po' i conti con le gabbie che
condizionano la nostra vita'' dice Mario Martone che alla Mostra
del cinema porta in concorso Il giovane favoloso, il film su
Leopardi che uscirà in sala il 18 ottobre e che ha avuto
un'accoglienza calorosa. Il regista racconta la genesi del film,
interpretato da Elio Germano, il contesto in cui lo ha
sviluppato per arrivare a dire di aver fatto ''un cinema
leopardiano da sempre, fin da Tango glaciale dell'82, per temi e
essenza''.
Sa Martone che Il giovane favoloso è un bel rischio, del
resto Noi credevamo, sul Risorgimento, non era meno ostico,
anzi. ''Non c'è bisogno di conoscere a memoria le poesie di
Leopardi per andare a vedere questo film, si può non conoscerlo
affatto. Questa è la storia di un uomo speciale e immenso,
complesso nelle sue contraddizioni, un rivoluzionario in lotta
per la sua libertà contro le gabbie che la vita mette davanti a
tutti noi, nella famiglia, nel lavoro, nella società. La gran
parte di noi viene a patti con queste costrizioni, ci fa
indossare delle maschere, ma lui preferisce romperle e vivere
una vita piena, a costo di ricevere in cambio infelicità'',
aggiunge in un'intervista all'ANSA. E proprio ''il tema della
ribellione e della diversità lo rende non solo così vicino a noi
- sul set lo aveva definito un Kurt Cobain dell'800 - ma
immortale perché nelle sue poesie, come nella vita, tutto è
autobiografico diceva Leopardi, c'è l'uomo da sempre''.
Elio Germano racconta ''il grande regalo'' che ha avuto
nell'essere scelto per questo ruolo, ''un attore può solo
sognare di poter entrare in cotanti panni, in un mondo infinito
così ricco che ogni volta che ti ci avvicini ti cambia. Leopardi
ci insegna a vivere i nostri sentimenti, le nostre illusioni e
io tutto questo dovevo restituirlo in carne: non è stato facile,
perché per Il giovane favoloso c'è stato un lusso vero per il
cinema italiano, quello di una lunga preparazione, 3-4 mesi, ma
quando è arrivato il momento di andare sul set io avrei voluto
continuare a studiare''. Germano, che lo chiama per nome,
Giacomo, talmente gli è diventato familiare, aggiunge che ''di
lui ci si innamora perché tutta la sua vita e le sue opere
affondano nella nostra inadeguatezza di persone. E a me, che
faccio l'attore quasi per difendermi dal mio sentirmi
inadeguato, è quello che sta a cuore più di tutto''.
Il film ''senza Elio non ci sarebbe stato'', dice Martone,
che ha maturato Il giovane favoloso nell'arco di ''10 anni, un
cantiere che si è aperto con Noi credevamo, è andato avanti con
Le operette morali a teatro, la lirica di Rossini. Sentivo la
voce di Leopardi, quasi una sfida di cui vedevo i rischi ma al
tempo stesso l'attrazione''. Martone ha utilizzato, nella
sceneggiatura firmata con la moglie Ippolita di Majo, le parole
di Leopardi, l'epistolario, raccontando il viaggio del poeta
dalla cittadina dello stato pontificio alla Napoli ''che gli
deve essere parsa come Calcutta, una città indiana, in cui non
ha più niente da perdere e più il suo corpo si rattrappisce più
si innalza la sua arte''. Quanto alla storia, ''la scelta è
stata di tenerci sempre entro una certa soglia, non varcarla.
Potevamo parlare della sua omosessualità ad esempio, ma non
abbiamo voluto''. Nella ricerca di paralleli con il
contemporaneo, Martone trova somiglianze tra il poeta e Pier
Paolo Pasolini ad esempio, ''entrambi non tollerati, mal
sopportati''. (ANSA).