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Yara, legali all'attacco: "Per Bossetti una tortura"

La moglie Marita Comi giunta in Tribunale su Porsche con targa estera

Quel furgone ripreso dalle telecamere di sorveglianza delle aziende di Brembate intorno al centro sportivo da cui scomparve Yara Gambirasio non è di Massimo Bossetti e, qualora fosse il suo, il muratore, quel 26 novembre del 2010 sarebbe passato un quarto d'ora prima rispetto a quando uno dei genitori che erano andati a prendere il figlio dalla ginnastica vide la tredicenne che si dirigeva verso la porta della palestra. Gli avvocati dell'unico imputato per l' omicidio della ragazza non hanno ancora affrontato quella che per l'accusa è la prova che incastra Bossetti, ovvero il suo Dna sul corpo della vittima ma hanno cominciato a cercare di smontare l'impianto accusatorio per scongiurare una condanna all'ergastolo con sei mesi di isolamento diurno chiesta del pm Letizia Ruggeri.

Per questo hanno calcolato (con un'operazione contestata dalle parti civili) la discrepanza tra l'orario riportato nelle immagini e quello reale e hanno individuato una differenza di 12 minuti. "Se abbiamo ragione noi - ha spiegato l'avvocato Paolo Camporini - il processo è chiuso, o dobbiamo farlo su quel mezzo Dna?". Argomento Dna solo sfiorato dall'altro difensore, Claudio Salvagni: "Questa difesa non ha mai potuto interloquire" e "sul lavoro fatto da altri non può esserci chiesto un atto di fede". "Non avete giurato su un libro di biologia ma sulla Costituzione", ha detto ai giudici, invitandoli a essere rigorosi nella valutazione della prova. Lo stesso Salvagni non ha avuto remore a usare la parola "tortura" in relazione alla odissea giudiziaria del suo assistito, in carcere del 16 giugno del 2014. E ha elencato quelli che, a suo avviso, sono "colpi bassi" da parte di investigatori e inquirenti: tra questi l'acquisizione delle lettere tra Bossetti e la detenuta Gina e quel video, che ritrae il furgone, diffuso alla stampa: "Si è trattato di un video confezionato come un pacchetto dono, per tranquillizzare la gente, per avere il mostro, il pedofilo, il mentitore seriale". E anche l'allora comandante del Ros di Brescia avrebbe detto "il falso" in aula.

E' "assurdo" tratteggiare Bossetti come un sexual offender perché "la sua vita è stata passata al setaccio e non è stato trovato nulla: la sua vita è casa, lavoro e famiglia". "Molti uomini hanno l'attitudine a essere piacioni - ha argomentato il legale -, a essere provoloni, come si dice, ma questo non fa di loro degli assassini". "Gli sono state attribuite delle amanti; dove sono queste amanti?. La sua vita è appunto casa, lavoro, famiglia e questi sono i dati concreti, non congetture". E quando si è parlato dei suoi figli, Bossetti è scoppiato in lacrime. A proposito del commercialista, del meccanico, dell'edicolante dai quali il muratore aveva ipotizzato di essere andato quel 26 novembre, Camporini ha sottolineato: "Forse nessuno ricorda di averlo visto, ma certamente nessuno l'ha mai visto altrove". Bossetti quella sera era a casa a cena, per la difesa, perché, se avesse tardato, da "abitudinario cronico" avrebbe avvertito la moglie. Marita Comi oggi ha voluto essere in aula, quasi a dimostrare che il loro legame non ha risentito della vicenda delle lettere 'hard' che il marito si scambiava con la detenuta Gina. In Tribunale era giunta a bordo di una Porche con alla guida l'esperto di indagini difensive, Ezio Denti. Il primo luglio, dopo le repliche ed eventuali dichiarazioni spontanee di Bossetti, probabilmente la sentenza.

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