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Terrorismo:Pm Milano indaga su gruppo siriano jihad

Da mesi monitoraggio costante anche su radicalizzazione via web

(di Igor Greganti) (ANSA) - MILANO, 27 AGO - A Milano, che dopo l'11 settembre del 2001 fu una delle città italiane in cui venne individuato il maggior numero di soggetti sospettati di essere terroristi islamici, inquirenti ed investigatori stanno effettuando un "monitoraggio costante" su possibili nuovi gruppi jihadisti e, da quanto risulta, hanno anche aperto tempo fa un fascicolo di inchiesta che vede indagati alcuni siriani. E tutto ciò in un periodo in cui, tra l'altro, i militanti del cosiddetto 'Stato islamico' dell'Isis, attivi soprattutto in Iraq e in Siria, stanno reclutando anche combattenti in Europa. In una relazione della Procura milanese si legge, infatti, che sono in corso "complesse indagini" con al centro il reato di terrorismo internazionale (art. 270 bis, introdotto dopo l'attentato alle Torri Gemelle), anche se fonti qualificate hanno precisato che per il momento si tratta di accertamenti, avviati già da tempo, da parte delle "forze di polizia che mantengono alta l'attenzione sul fenomeno". Da quanto si è saputo, tra gli indagati in un fascicolo aperto quasi due anni fa ci sarebbero 4 siriani, tra cui Haisam Sakhanh che per oltre dieci anni ha vissuto a Cologno Monzese e che poi da oltre due anni ha fatto perdere le sue tracce. Dopo aver reclutato combattenti, sarebbe partito per la Siria assieme ad altri connazionali. Nell'ultimo 'Bilancio di responsabilità sociale' dell'ufficio inquirente milanese, pubblicato qualche mese fa, il procuratore Edmondo Bruti Liberati ha sottolineato, tra le altre cose, i "possibili riflessi" anche nel capoluogo lombardo "delle tensioni sovranazionali" in Siria, Iraq, Libia ed Egitto, in relazione soprattutto a "attività o movimenti di persone" legate a gruppi terroristici. C'è da dire, infatti, che proprio a Milano, tra le moschee di viale Jenner e di via Quaranta, ha operato poco più di dieci anni fa, quando era da poco cominciata la guerra in Afghanistan, Abu Omar, l'imam egiziano che venne rapito nel 2003 dagli uomini della Cia e poi torturato. Imam che, però, è stato anche condannato lo scorso gennaio a 6 anni di carcere con l'accusa di aver reclutato "adepti" nel capoluogo lombardo pronti anche al "martirio". Anche in questi ultimi mesi, da quanto si è saputo, il dipartimento anti-terrorismo guidato dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha monitorato le possibili recrudescenze del fondamentalismo islamico in città, anche se al momento, come spiegano dal quarto piano della Procura, non si segnalano situazioni "gravi o allarmanti". Le attività di analisi degli inquirenti e degli investigatori del Ros e della Digos si sono concentrate soprattutto sulla cosiddetta "radicalizzazione via web" di persone di origine straniera ma cresciute in Lombardia e che hanno abbracciato la causa della jihad. Nella relazione firmata da Bruti Liberati, infatti, si parla di accertamenti in corso "sull'evoluzione del fenomeno terroristico", ossia sulle forme di cosiddetto "terrorismo individuale" o "terrorismo home-grown". Negli ultimi anni, in realtà, dopo le inchieste della prima metà degli anni 2000, poche persone sono arrivate a processo a Milano con l'accusa di terrorismo internazionale. Una delle ultime inchieste milanesi, tra l'altro, si è chiusa, nel luglio del 2010, con l'assoluzione di due marocchini, sospettati di essere legati ad Al Qaeda e che, secondo l'accusa, avrebbero progettato attentati terroristici in un quadro di "jihad globale". (ANSA).
   

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