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>ANSA-REPORTAGE/ Alluvione Genova,un anno dopo città non perdona

Molte attività mai riaperte. Cittadini contro politica e incuria

(di Chiara Carenini) (ANSA) - GENOVA, 8 OTT - Un anno fa, l'onda di piena del torrente Bisagno falciò la vita di un uomo. Poi si accanì sulla città di Genova. Erano le 23,30 del 9 ottobre 2014, tre anni dopo l'alluvione del 2011 che provocò 6 morti. Genova ricorda con dolore l'onda di fango di quella alluvione, quando acqua, terra e detriti arrivarono fino a due metri d'altezza nelle strade distruggendo tutto, togliendo la casa a 150 famiglie. I nuclei familiari sfollati ad oggi sono ancora 12. A un anno di distanza, cammini per questa città con un sole che sembra quasi voler chiedere scusa e non vedi più le tracce del fango.
    Via Canevari, via Archimede, piazza Colombo e via XX Settembre dove l'acqua era tanto alta che i vigili del fuoco dovettero usare i gommoni: oggi solo ricordi. "Quella sera sentivo piovere forte ma non ho avuto subito paura - ha detto Claudio, uno dei ragazzi che vive in via Canevari che poi, come mille altri, si è trasformato in angelo del fango -. Così sono sceso per dare un occhio al motorino. C'è stata una pausa poi ha ricominciato a piovere forte. Così forte che mi è preso il panico. Stava montando la piena e sono scappato via. Avevo l'acqua alla vita ma ce l'ho fatta a passare da quel punto bastardo". L'onda di piena travolse tutto e uccise Antonio Campanella che era uscito dicendo ai suoi amici al bar: "Vado a vedere il Bisagno che monta", perché il torrente è un mostro che devi guardare negli occhi per non aver paura. Oggi cammini per Borgo Incrociati e non vedi tracce di quella grande massa di fango che investì tutto arrivando fino in corte Lambruschini, piazza Vittoria, via XX Settembre. "Non ci sono tracce visibili - ha detto Anna, commerciante nella zona -, ce le portiamo dentro.
    Qui molti negozi hanno dovuto chiudere perché non ce l'hanno fatta a rialzarsi". Anna si era inventata i mercatini del fango: aveva tirato fuori la merce insudiciata "da 1,80 m di fango e acqua putrida", l'aveva sciacquata e messa su una bancarella.
    "Perché non potevo buttare tutto via - ha detto -. Oggi abbiamo ancora paura, tutte le volte che piove". E le fa eco Rosi: "Tutte le volte che piove ci viene freddo. Perché qui il Bisagno ci mette un attimo a uscire. Una volta i ponti erano 20 e oggi sono 4. Il resto è interrato". E la colpa, "è della politica nel senso letterale del termine". Enzo, che quella notte rischiò di morire in un parcheggio-catacomba costruito sottoterra accanto al Bisagno interrato, punta il dito contro "chi ha permesso un'edilizia assassina" ma anche, dice Rosi "contro tutti noi che non abbiamo rispettato l'ambiente".
    L'onda di fango arrivò anche nel Museo di Storia naturale: "Arrivando al museo ho visto la città ferita - ha detto oggi il direttore Giuliano Doria -. Provavo un dolore che aumentò quando ho visto cosa era successo qui dentro. Solo la voglia di salvare il salvabile mi dette la spinta in avanti". Centinaia di volontari permisero la riapertura dopo 9 giorni. Genova anche dopo quella batosta si è rimessa in piedi. Quella notte il cielo scaricò in poche ore centinaia di millimetri d'acqua. La portata del Bisagno, tombato, arrivò a 900 metri cubi al secondo. La costrizione sotto cieli innaturali fece il resto. A un anno di distanza con i 275 mln di Italia sicura sono stati aperti i cantieri per la messa in sicurezza del torrente ma le ferite rimangono come restano, ancora, 12 famiglie sfollate a combattere con la paura e la burocrazia. (ANSA).
   

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