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Seviziato e ucciso,"volevamo provare emozione omicidio"

Confessione shock,"ammazzato lentamente". Killer figli Roma bene

 "Volevamo uccidere una persona, volevamo capire che cosa si provava e vedere che effetto avrebbe avuto su di noi". Le parole di Manuel Foffo ai pm della Procura di Roma che indagano sull'omicidio di Luca Varani, il 23enne morto nel corso di un festino a base di cocaina e alcol venerdì mattina, raccontano di una scelta "lucida" anche se presa nel delirio legato all'abuso di sostanze stupefacenti. Ben 1000 euro spesi in droga per un festino con tragico epilogo. Una confessione dettagliata quella fornita dall'universitario trentenne al pm Francesco Scavo che contesta a lui e a Marco Prato il reato di omicidio premeditato aggravato dalla crudeltà. "Eravamo usciti in macchina la sera prima - ha detto agli inquirenti - sperando di incontrare qualcuno. Poi abbiamo pensato a Varani che il mio amico (Prato ndr) conosceva". Foffo e Prato si erano conosciuti durante le vacanze di Natale. Entrambi figli di imprenditori, frequentatori della Roma bene e con una vita agiata: una amicizia condita da droga e alcol. In loro, per motivi ancora tutti da chiarire, matura l'idea di individuare una cavia, un soggetto su cui riversare la loro rabbia sadica e portarlo alla morte. Venerdì invitano Varani in casa di Foffo, un appartamento nel quartiere Collatino, con il pretesto di una festa con alcol, droga e sesso. La trappola scatta subito e Varani viene messo in condizioni di non poter reagire o di gridare, tramortito forse da alcuni colpi di martello. I due cominciano a colpire il giovane, che è stato trovato dagli inquirenti nudo sul letto, con coltelli e oggetti contundenti: una vera e propria tortura per portarlo ad una morte lenta. "Per capire cosa si prova ad uccidere", confesserà poi Foffo. I due avrebbero tentato di "ripulire" la scena del delitto, gettando in un cassonetto gli abiti della vittima e il suo telefono cellulare. Una azione messa in atto senza destare alcun sospetto tra i condomini che, ascoltati dagli inquirenti, hanno detto di non aver sentito alcun rumore o grida provenire dall'appartamento. Dopo l'uccisione, i due sarebbero rimasti per alcune ore in casa insieme al cadavere. Solamente sabato mattina, incontrando il padre in occasione del funerale dello zio, Foffo avrebbe confidato l'accaduto al padre che lo avrebbe accompagnato dai carabinieri per costituirsi. Prato, invece, una volta lasciato l'appartamento di via Giordani ha cercato rifugio in un albergo di piazza Bologna, dove ha tentato il suicidio con un mix di barbiturici e alcol, prima di essere rintracciato dai carabinieri anche grazie alle indicazioni del complice. I due si trovano ora nel carcere di Regina Coeli in attesa dell'interrogatorio di garanzia davanti al Gip.

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