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Piacenza, operai della Gls da una settimana sul tetto

In 33 chiedono reintegro e apertura tavolo di confronto

È arrivata a una settimana la protesta dei 33 facchini licenziati alla Gls di Piacenza che dalla mattina del 16 aprile sono saliti in cima al tetto della sede piacentina dell'azienda. Qui hanno trascorso anche i giorni di Pasqua, in attesa che siano accolte le loro richieste: il reintegro nelle loro mansioni lavorative in azienda e la convocazione di un tavolo di confronto. Ma proprio il prefetto di Piacenza, Maurizio Falco, nei giorni scorsi aveva sottolineato che il tavolo insieme anche ai vertici dell'azienda si sarebbe potuto svolgere solo qualora i lavoratori avessero cessato ogni protesta e fossero scesi dal tetto. A sostenere l'iniziativa dei 33 operai, tutti stranieri e accampati con tende di fortuna sulla sommità dell'edificio, è il sindacato autonomo Usb.

Nel frattempo mogli, figli e amici dei lavoratori hanno dato vita a una catena di solidarietà che ha permesso di far arrivare cibo, viveri e generi di prima necessità per poter continuare la protesta. Dal canto suo l'azienda, nel sottolineare che si tratta di dipendenti licenziati della ditta Seam Srl, appaltatrice del servizio di smistamento merci nell'hub piacentino, ha affermato come "la libertà sindacale non c'entri nulla: la protesta dei licenziati si fonda su motivi pretestuosi. La protesta rischia di mettere in pericolo l'incolumità delle persone, oltre che il futuro del magazzino, che in queste condizioni deve rimanere chiuso. Le condotte illecite poste in essere dai manifestanti e dai loro mandanti verranno perseguite attraverso denuncia alle autorità".

Un attacco è giunto da parte della sigla sindacale autonoma concorrente, il Si Cobas: "Questi lavoratori - si legge in una nota - sono saliti sul tetto per chiedere un reintegro, e Gls ha conseguentemente ordinato la chiusura temporanea dell'attività. Ancora una volta, quindi, gli aderenti all'altra sigla sindacale rischiano con il loro operato di mettere a rischio il mantenimento a Piacenza del magazzino. Tutto porta a considerare l'ipotesi, peraltro già deducibile al tempo delle aggressioni, che davvero vi sia una più o meno consapevole collaborazione con la multinazionale e la sua strategia di chiusura degli hub e il suo piano di ristrutturazione a discapito dell'occupazione sul territorio".

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