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Strage di Bologna, Francesca Mambro in aula per testimoniare

Condannata col marito, deve deporre al processo che vede imputato Cavallini

AS 38 anni dalla bomba alla stazione di Bologna, Francesca Mambro è stata ascoltata al Tribunale del capoluogo emiliano per testimoniare nel processo che vede imputato Gilberto Cavallini per concorso nella strage che fece 85 morti e 200 feriti. L'ex Nar, condannata insieme all'attuale marito Giusva Fioravanti, oggi ha 59 anni ed è libera dal 2013 dopo 26 anni di carcere. Occhiali da sole e foulard colorato al collo è entrata nel palazzo di Giustizia poco prima delle 10 accompagnata dai suoi legali senza rilasciare dichiarazioni a cronisti e telecamere.

"Non ho nulla di cui vergognarmi qui" - "Non ho mai perduto l'umanità anche quando ho fatto cose malvagie. Non ho fatto nulla di cui dovermi vergognare qui oggi a Bologna". Chiede di fare una premessa Francesca Mambro e risponde così a una delle prime domande del pm Antonello Gustapane. L'ex Nar, oggi testimone assistita nel processo per concorso in strage che vede imputato Gilberto Cavallini, si sfoga in aula, mentre i parenti delle vittime rimangono perplessi. "Sono qui dopo 38 anni con un grande lavoro su me stessa. Essere qui - ha proseguito Mambro - mi provoca angoscia e ansia e credo di aver rimosso il periodo dei processi. Sono andata avanti cercando di riparare al male fatto e facendo ciò che serviva per riportare ordine nella mia vita, perché sono state dette troppe menzogne e cattiverie".

"A Bologna mi sento deportata" - "C'è una sorta di autodifesa personale, faticosa. Faccio molta fatica anche a ricordare. Venire qui a Bologna è faticoso, mi sento una deportata qui a Bologna". L'ha detto in un passaggio della sua testimonianza al processo a Bologna che vede imputato Gilberto Cavallini, Francesca Mambro condannata per la strage del 2 Agosto 1980. L'ex Nar l'ha detto spiegando la difficoltà nel rispondere alle domande del Pm Antonello Gustapane che chiedevano dettagli risalenti alla primavera del 1980. Le sue parole hanno suscitato qualche mugugno da parte del pubblico in aula composto anche da familiari delle vittime della strage.

"Essere qui è motivo di grande stress" -  "Essere qui è motivo di grande stress emotivo, perché questo è un luogo dove non dovrei essere né come teste né come imputata per una strage che non ho commesso". Lo ha detto Francesca Mambro, testimone assistita nell'ambito del processo che vede imputato Gilberto Cavallini per concorso nella strage del 2 agosto. "Sono qui perché credo in questo Stato - ha aggiunto Mambro - e credo che possa portare la verità a questo paese. Lo faccio perché non mi sono mai tirata indietro".

"Noi eravamo carne da macello" - "Dopo Acca Larentia nell'ambiente si cominciò a riflettere che noi di destra eravamo carne da macello". Ha risposto così Francesca Mambro, oggi in aula a Bologna in veste di testimone assistita, quando il pm Antonello Gustapane le ha chiesto perché fece la prima rapina a Roma, nel 1979, all'armeria di via IV Novembre. L'ex Nar ricorda l'episodio di via Acca Larentia, accaduto un anno prima della rapina, in cui furono uccisi due giovani attivisti del Fronte della Gioventù, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta. All'evento è collegata la morte di un altro attivista di destra, Stefano Recchioni, che venne ucciso qualche ora dopo da un capitano dei Carabinieri, durante gli scontri scoppiati con le forze dell'ordine. "Noi dovevamo armarci per difenderci - ha aggiunto -, dopo Acca Larentia non avevamo più diritto alla vita né al dolore. Eravamo oggetto di massacro. Avevamo bisogno di armi, non potevamo andare a mani nude. A noi le armi non ce le portavano dall'estero". Poi, la Mambro attacca le istituzioni dell'epoca. "Non potevamo più essere prede dell'estremismo rosso, con l'appoggio delle istituzioni, magistratura e ministero dell'Interno, che non facevano indagini sui nostri morti e facevano cadere quei fatti nell'oblio".
   

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