ROMA - Alle prese con la proliferazione delle "fake news" e con rapporti non sempre facili con gli editori in Usa ed Europa, piattaforme digitali come Facebook e Google finiscono anche sotto la lente del governo australiano. L'autorità di vigilanza e controllo su consumatori e concorrenza (Accc) di Canberra ha annunciato che avvierà un'inchiesta per capire se e in che modo social network e motori di ricerca web stiano influenzando il giornalismo e il settore pubblicitario nel Paese, con eventuali ripercussioni negative per mercato e consumatori.
La valutazione, spiega l'autorità sul suo sito, riguarderà non solo l'impatto dei colossi del web sul fronte della concorrenza e del mercato, ma anche le loro ripercussioni sulla scelta e sulla qualità delle notizie e dei contenuti prodotti dai giornalisti australiani.
L'indagine arriva in un momento di crisi per l'editoria tradizionale australiana, travolta, come in altri Paesi, dalle piattaforme digitali, e di preoccupazione globale per il dilagante fenomeno delle "fake news". Le prime risposte dell'inchiesta australiana non arriveranno presto: l'autorità pubblicherà un rapporto preliminare a fine 2018 e un dossier completo a metà 2019.
I rapporti tra i colossi web e l'editoria sono da tempo sotto i riflettori anche negli Usa. A luglio scorso gli editori americani di giornali hanno chiesto al Congresso una deroga alle leggi antitrust per poter negoziare collettivamente nuovi e migliori accordi con le piattaforme digitali che dominano la distribuzione di contenuti online e la raccolta pubblicitaria su internet. Gli editori, duemila organizzazioni grandi e piccole riunite nella News Media Alliance negli Stati Uniti e in Canada, compreso Dow Jones-Wall Street Journal, hanno definito le normative antitrust nel caso dei media e del giornalismo come "antiquate" e controproducenti.