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Stop alleanze spacca M5s, guerra fredda fronda-Di Maio

Voci documento malpancisti per commissariarlo. Gelo Conte-Grillo

La forza di Luigi Di Maio è che il M5S al momento sembra poter solo governare e cercare di farlo bene. Ma dopo la batosta in Umbria il leader torna nel mirino dei critici interni, una fronda che secondo alcune voci insistenti all'interno del Movimento, potrebbe far emergere un documento di alcune decine di deputati, che al momento scarseggia di firme, per chiederne almeno un ridimensionamento, una sorta di commissariamento. Ma la guerra fredda nel MoVimento sembra coinvolgere anche Beppe Grillo e Giuseppe Conte, che hanno scommesso forte sull'alleanza con il Pd, anche a livello locale e sono intenzionati a tenere la linea. Di Maio invece dice chiaro "possiamo metterci con movimenti che lavorano sul territorio, non con altre forze politiche". La divaricazione tra il capo politico M5S e il premier è latente - si racconta in ambienti della maggioranza - anche se Di Maio assicura di essere "molto orgoglioso di aver dato agli italiani un presidente del Consiglio come Giuseppe Conte".

Indietro anche volendo non si torna, Matteo Salvini ha ormai rilanciato il centrodestra unito e poi "lui dopo 14 mesi di governo ci ha lasciato con il cerino in mano dell'Iva - afferma il ministro degli Esteri -, per me con lui è finita". "Con il Pd si lavora meglio che con la Lega", concede Di Maio, ma nell'incontro al Senato con i referenti di Emilia Romagna e Calabria emergono i forti dubbi sul replay dello schema Umbria. Mentre cerca di elaborare una strategia per porre fine alla sequela di sconfitte post-politiche 2018, il capo politico dei 5s telle deve far fronte a un dissenso interno che sta alzando la voce. Tra i pochi a chiedere apertamente le sue dimissioni c'è il senatore Mario Giarrusso, che parla di "tracollo" alle regionali e di "parecchi passi indietro" di Di Maio con i suoi 4 incarichi. Alla Camera il gruppo cerca di eleggere il presidente dopo due fumate grigie e intanto si sparge la voce, rilanciata da fonti di stampa, di una fronda di una cinquantina di deputati, pronti a firmare un documento.

Ipotesi smentita però da altre fonti. Di Maio ipotizza una "terza via" tra centrodestra e centrosinistra, ma ammette al Maurizio Costanzo Show che "essere post ideologici oggi è più difficile, vista la polarizzazione anche a livello europeo". Quindi avanti con il governo, cercando di rilanciare sull'agenda del MoVimento, ma cautela estrema nel legame sui territori con il Pd. Una posizione che se può accontentare l'ala più filo-Lega del MoVimento, scontenta fatalmente l'altra, quella rappresentata da Roberto Fico e soprattutto da Conte e Grillo. Tutti uniti comunque - al momento - dalla preoccupazione di evitare l'ordalia del voto anticipato, che sarebbe un grosso rischio per il M5S. Nelle assemblee serali di deputati e senatori, ufficialmente convocate per altri motivi, si parla fitto anche nei capannelli del risultato disastroso in Umbria e delle prospettive alle prossime regionali. "Bisognerebbe far funzionare il cervello", dice un senatore cinquestelle riferendosi a Di Maio e accompagnando la frase col gesto di chi gira una rotella sulla tempia. "La fiducia in Di Maio, per quanto mi riguarda, è piena - dice un altro senatore, Primo Di Nicola -. Sconta una crisi del M5s a livello di consensi. C'è una riforma interna che lo stesso Di Maio ha avviato. Dopodiché si rifletterà su tutto, anche sulla opportunità che il capo politico accumuli la guida del movimento insieme all'importantissimo ruolo di governo". E' il concetto del ridimensionamento, la fine dell'accumulazione di cariche che alcuni settori, specie gli ortodossi del M5S, hanno chiesto fin dall'investitura di Di Maio a capo politico.

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