Platea affollata di banchieri, sindacalisti e industriali, direttorio al completo in prima fila, folta rappresentanza di giornalisti e comunicatori. Le ultime considerazioni finali del governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, mercoledì 31 maggio, vedono il ritorno della presenza completa degli invitati nei saloni di Via Nazionale, dopo gli scorsi anni che hanno visto un evento solo virtuale e poi ibrido e ristretto a pochi ospiti. Il governatore, il cui mandato scade a novembre, come da tradizione, traccerà il bilancio dell'anno e delle prossime sfide per il paese e l'istituto oltre che per il comparto bancario, che ora si trova ad affrontare molte richieste di aumentare i tassi passivi per adeguarli a quelli applicati ai prestiti. Un invito arrivato sia dal ministro dell'economia Giorgetti sia dalla Bce e che limerà i forti margini accumulati in questi mesi dal comparto. "Stiamo offrendo a tutti i risparmiatori la possibilità di remunerazioni più elevate, se fanno degli investimenti" ha sottolineato il presidente di Intesa Sanpaolo GianMaria Gros-Pietro a margine del consiglio dell'Abi ricordando come "un conto corrente a vista non è un investimento, è un servizio. Il denaro a vista non serve a niente, perché la banca o lo tiene lì a far nulla, e a fronte di quello deve avere dei depositi liquidi presso la Bce, oppure lo trasmette all'economia, ed è questa la cosa da fare".
   Sia per la lezione appresa dalle precedenti crisi sia per l'aumento dei tassi il comparto bancario è così più resistente, un particolare più volte sottolineato da Visco in questi mesi.
   Ma le considerazioni saranno anche il punto finale di dodici anni del suo mandato in cui l'istituto, e il paese sono profondamente cambiati. Dal governo Berlusconi, dal quale fu nominato, a quello odierno della Meloni e della sua maggioranza con i quali, dopo le prime incertezze, c'è una sostanziale comunanza su alcuni temi chiave, in primis il rigore sui conti pubblici.
   Istituzione indipendente per prassi e, dalla nascita della Bce di cui fa parte, per legge, la Banca d'Italia, si sa, ha un rapporto comunque stretto con la politica e le sue istituzioni.
   Visco in questi anni ha evitato frizioni e attacchi diretti ma non ha ceduto sull'indipendenza e autonomia.
   Ma, politica a parte, sono stati anni 'intensi' come li ha definiti lui stesso di recente, anche perché attraversati da una lunga serie di crisi come la risoluzione delle 4 banche, Mps e dei crediti deteriorati e internazionali, quali quella del debito sovrano, il Covid e da ultimo l'aggressione all'Ucraina.
   Crisi nelle quali la banca è finita più volte sotto tiro, accusata di essere stata troppo o troppo poco severa con gli istituti di credito. La nascita della vigilanza unica Bce ne ha rimodellato i compiti, ponendo fine ad alcune prassi e tradizioni non scritte.
   E poi c'è la partecipazione alle decisioni di Francoforte.
   Visco ha sostenuto le politiche straordinarie di Draghi e con l'arrivo dell'inflazione ha approvato il cambio di passo chiedendo però una maggiore gradualità e di considerare anche i rischi che una correzione brusca può causare in un paese come il nostro che cresce ma che si porta dietro un debito elevato e un'economia dipendente dal canale del credito bancario cui una stretta può appunto provocare danni. Per il momento non è stato ascoltato né lui nè l'altro componente italiano del board, Fabio Panetta, da molti indicato come il suo successore. Una ipotesi comunque non scontata visto che la soluzione interna, se si eccettua la parentesi di Draghi, è quella seguita nella Banca.
   La prima parola spetta, per legge, al governo e al presidente del consiglio ma la nomina è poi del presidente della Repubblica, un passaggio questo non formale.Â
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