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Cronaca
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Muore in carcere a Torino inalando il gas delle bombolette

Ricoverato all'ospedale il compagno di cella

 Un detenuto di 27 anni è morto ieri sera, intorno alle 21, nel carcere 'Lorusso e Cutugno' di Torino, dopo aver inalato, secondo una prima ricostruzione, alcune bombolette del gas, quelle dei fornelli da campeggio, utilizzate dai reclusi per scaldare le vivande.
    Anche il compagno di cella è stato trovato dagli agenti della polizia penitenziaria privo di conoscenza ed è stato trasportato all'ospedale 'Maria Vittoria', ma non è in pericolo di vita e dopo aver trascorso la notte al pronto soccorso è stato riportato in carcere.
    Sono in corso le indagini per capire se si è trattato di un incidente o se i due abbiano cercato di togliersi la vita.

"Attendiamo gli esiti delle indagini ma nel caso fosse confermato il suicidio, credo che tragedie come queste siano inaccettabili, e almeno in grossa parte evitabili. Occorre rivoluzionare davvero le carceri italiane, applicare la Costituzione che le ha pensate come luogo di redenzione e di recupero e non come un inferno dal quale si è disposti a togliersi la vita per scappare". Così l'assessora alla Famiglia del Piemonte, Chiara Caucino, riguardo alla notizia della morte per presunto suicidio di un detenuto di 27 anni ieri sera nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino. "Aspettiamo che gli inquirenti facciano chiarezza - precisa Caucino - ma in ogni caso bisogna ribadire che i suicidi in carcere rappresentano un'emergenza sociale: in Piemonte nel 2022 si sono registrati quattro suicidi nel carcere Lorusso e Cotugno e uno a Saluzzo. Ragazzi, ma anche uomini maturi, che non ce l'hanno fatta a sopportare il fardello che stavano faticosamente portando. L'ultimo a novembre, un signore di 54 anni. A luglio si era impiccato un pachistano: ad agosto un 24enne nato in Brasile, mentre il 28 ottobre scorso si è tolto la vita un gambiano. Poi c'è il caso di Saluzzo dove, nella sezione di alta sicurezza, a togliersi la vita è stato un uomo di 64 anni". "Accompagnamento sanitario e sociale, inclusione, rieducazione: sono queste - sottolinea l'assessora - le ricette per prevenire tali tragedie. Ma è difficile metterle in pratica in carceri concepite per una capienza decisamente inferiore a quella attuale. Per non parlare della mancanza di personale. Tutto questo deve finire".
    
   

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