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La storia di Tato, da 20 anni in Italia muore volontario in Ucraina

A Piacenza aveva la sua casa, il suo lavoro e la sua famiglia. Bohdan Bodak, 39 anni, non ha esitato a partire per il fronte: la sua storia raccontata dal quotidiano Libertà

A Piacenza aveva la sua casa, il suo lavoro e la sua famiglia. Ma quando ha sentito il richiamo della sua patria Ucraina in difficoltà, ha deciso di partire come volontario per il fronte dove ha trovato la morte. Bohdan Bodak, 39 anni, il 20 gennaio è stato colpito da un razzo russo nel Donbass ed è sepolto, dopo i funerali di Stato, al cimitero monumentale del Campo di Marte di Leopoli.
    La storia di Bohdan la racconta il quotidiano piacentino Libertà: dal 2000, quando era un adolescente, si era stabilito con la madre a Piacenza, dove aveva trovato lavoro prima nella logistica, poi come autotrasportatore e dove aveva costruito la sua famiglia, insieme alla moglie, sua connazionale conosciuta in Emilia, e due figlie nate in Italia.
    Bohdan non aveva mai preso un'arma in mano e non aveva nemmeno fatto il servizio militare, fino al 24 febbraio 2022, la sua vita scorreva normalissima, fra lavoro e famiglia. "E' come se avesse sentito il richiamo della sua patria in difficoltà - racconta a Libertà la moglie Natalia - all'inizio non ho accettato questa sua scelta. Adesso spero che la guerra finisca per andare con le nostre figlie a festeggiare la vittoria dell'Ucraina sulla sua tomba, per noi è un eroe".
    Dopo pochi giorni dall'inizio della guerra, infatti, Bohdan ha lasciato il suo lavoro stabile ed è partito come volontario per l'Ucraina dove, dopo un periodo di addestramento e nei reparti logistici, si è trovato a combattere nelle prime linee.
    A novembre è rimasto ferito a Kramatorsk, nel Donbass.
    Ricoverato in ospedale, e dopo un periodo di riabilitazione, ha deciso di tornare a combattere. In pochi giorni dalle retrovie, causa anche la perdita di uomini negli avamposti, si è ritrovato in quello che gli ucraini chiamano il 'punto zero', ovvero la primissima linea dove gli eserciti si fronteggiano. Il 20 gennaio un razzo sparato dall'artiglieria russa lo ha inesorabilmente colpito ed è morto sul colpo.
    La famiglia è stata informata il giorno seguente, pochi giorni dopo le figlie gli hanno scritto una lettera chiamandolo affettuosamente 'Tato' come erano abituate a fare a casa.
    Insieme alla lettera anche un disegno con il suo ritratto e con la scritta, in cirillico, 'Forza papà'.
    Natalia e Bodhan si sono conosciuti a Piacenza nel 2005 e poco dopo si sono sposati. "Avevamo il nostro lavoro - dice la donna - una famiglia come tante, con le nostre figlie che sono piacentine a tutti gli effetti. All'inizio ho provato a dissuaderlo da questa sua decisione di partire ed è stato un po' come sentirsi abbandonati: perché rischiare la vita quando qui hai tutto? In una delle ultime telefonate ci disse che là era un inferno. Ma credo che in fondo lui si sentisse nel posto giusto".
    "Le mie figlie - dice ancora Natalia - continuano a piangere.
    Io sto cercando di far loro capire quanto generoso e coraggioso sia stato il loro papà. Questa guerra è tragica e vorremmo anche che la gente capisse quanto c'è bisogno del sostegno dell'Europa per ricacciare indietro l'invasore". 

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