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Rigopiano, il pm condanna il dileggio dei magistrati: rispetto la sentenza

Bellelli: "Altri responsabili tenuti fuori dal processo? Una fake news"

"Va smentita con forza l'affermazione che vi sarebbero altri responsabili, tenuti fuori dal processo dalla Procura della Repubblica: si tratta di tentativi irresponsabili di sviare l'attenzione e le aspettative dai reali temi del processo, e dai fatti, mediante la diffusione di fake news". Così il capo della Procura di Pescara, Giuseppe Bellelli, il giorno dopo la sentenza su Rigopiano. "Gli atti processuali documentano come le indagini sono state svolte in ogni direzione; i reati contestati riguardano esponenti di tutti i settori delle P.A. interessate alla vicenda dopo che, prima del processo, 22 posizioni erano state archiviate".

"La sentenza merita rispetto, così come rispetto è dovuto al giudice ed alla funzione dallo stesso esercitata, fermo restando il diritto di critica. Le aggressioni verbali in aula dopo la lettura della sentenza non possono essere tollerate, così come non è accettabile il dileggio del magistrato da chiunque posto in essere". Lo scrive il Procuratore Capo di Pescara, in una nota il giorno dopo la sentenza su Rigopiano. Resta da capire, aggiunge, "all'esito di un processo estremamente complesso", il "dolore e lo sconcerto dei familiari della vittime, e la difficoltà della opinione pubblica di comprendere ed accettare" la sentenza.

"All'esito di un processo estremamente complesso - spiega Bellelli - resta il dolore e lo sconcerto dei familiari della vittime, e la difficoltà della opinione pubblica di comprendere ed accettare" la sentenza. , pronunciata in nome del popolo italiano, fortemente divergente dalle richieste dei Pubblici Ministeri e dalle difese delle parti civili, e da legittime aspettative di giustizia. Si auspica che tale disarmonia, che può apparire incomprensibile e della quale anche i magistrati della procura della repubblica di Pescara intendono farsi carico, possa ricomporsi dopo la lettura delle motivazioni della sentenza, o nei successivi gradi di giudizio, se è vero, come affermò uno dei padri costituenti l'avvocato Piero Calamandrei davanti al Tribunale, che le leggi "perché non siano formule vuote devono scaturire dalla coscienza di cittadini, devono essere sentite come nostre".
   

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