(ANSA) - NAPOLI, 20 DIC - Carcinoma della mucosa uterina:
nuove promettenti possibilità di cura di uno dei tumori
femminili più diffusi grazie all'immunoterapia e alla
caratterizzazione genetica delle lesioni. Il cancro
dell'endometrio è tra i più frequenti (5/6% di tutti i tumori
della donna e terza neoplasia più frequente tra i 50/70 anni).
In Italia le stime indicano attualmente 122.600 donne che vivono
dopo la diagnosi ed una mortalità stimata per il 2022 di 3.100
decessi (circa 400 in Campania) nonostante la sopravvivenza a 5
anni sia passata dal 77% al 79 per cento dal 2017 al 2020 questo
tumore presenta limitate opzioni di trattamento e una prognosi
sfavorevole ma nel caso dei tumori cosiddetti MSI mutati dopo la
chemioterapia, dove finora non c'erano alternative terapeutiche,
arriva ora l'immunoterapia. Il nodo da sciogliere sono però i i
test per personalizzare le cure riservandole ai casi che
rispondono alle nuove terapie.
Il tema è stato affrontato e approfondito in una sessione di
studio scientifica che si è svolta nei giorni scorsi a Napoli
promossa da Motore Sanità in collaborazione non condizionante di
GSK a cui hanno partecipato esperti, docenti e primari di
Università, ospedali e istituti di ricerca di tutto il centro
sud.
"L'immunoterapia oncologica - ha spiegato Sabino De Placido
ordinario di Oncologia medica alla Federico II di Napoli - si è
consolidata in molte tipologie di tumori come nuovo fondamentale
approccio terapeutico grazie a sorprendenti risultati ottenuti
inizialmente nelle forme refrattarie a tutte le terapie
disponibili, nel melanoma prima, nel polmone e nel rene
successivamente. Oggi la ricerca sta progredendo e identifica
più che un organo colpito da un tumore una genetica comune di
alcuni tumori che condividono le stesse mutazioni e che possono
colpire tessuti diversi".
Lo studio di nuove indicazioni e trattamenti è uno degli
obiettivi comuni per tutti i ricercatori al mondo. "Fra queste -
ha chiarito Umberto Malapelle professore Associato della
Federico II - un importante e recentissimo sviluppo si è avuto
con l'approvazione da parte degli enti regolatori Usa FDA ed EMA
in Europa - della prima monoterapia anti-PD-1 da utilizzare nel
carcinoma endometriale ricorrente o avanzato nelle pazienti con
tumori MSI-mutati in progressione durante o dopo un precedente
trattamento con un regime a base di platino.1, un chemioterapico
comune. Questo, ancora una volta, sottolinea quanto l'accesso ad
un trattamento efficace sia strettamente connesso all'accesso ad
un test molecolare adeguato che vede l'unione delle due anime
dell'anatomia patologica moderna: da un lato la definizione
della morfologia, dall'altro lo studio delle alterazioni
molecolari". Tutti concordi, gli altri relatori - tra gli altri
Vincenzo Adamo, coordinatore della rete oncologica siciliana,
Livio Blasio direttore della oncologia medica del Civico di
Palermo, Pasquale Cananzi dirigente della farmacovigilanza
siciliana, Francesco Colasuonno responsabile dei registri di
monitoraggio Aifa e centri precorritori della regione Puglia,
Francesco Legge direttore della Ostetricia dell'ospedale
generale regionale di Bari , Liliana Mere ginecologa al
Cannizzaro e Graziana Ronzino della Oncologia medica
dell'ospedale Vito Fazzi della Asl di Lecce - nel ritenere un
dovere di tutti sistematizzare le energie per fare in modo che
questi test e questi trattamenti siano accessibili a tutti i
pazienti.
Le istituzioni sanitarie della Regione Campania hanno avuto la
possibilità di confrontarsi per discutere di questi temi e porre
l'attenzione sulla necessita di armonizzare le procedure di
valutazione di queste alterazioni al fine di massimizzare
l'accesso a questa tipologia di test e di conseguenza a
trattamenti innovativi ed efficaci.
"Il laboratorio di Patologia molecolare predittiva
dell'Università degli studi di Napoli Federico II - ha concluso
Giancarlo Troncone ordinario di Anatomia Patologia della
Federico II - grazie alla collaborazione con diversi centri in
Italia tra cui l'Università di Padova e l'Istituto Giovanni
Paolo II di Bari ha generato una serie di evidenze che stanno
consentendo la definizione di un percorso che, dal prelievo del
campione, sino all'analisi molecolare garantisca la più alta
probabilità di successo nell'identificare l'instabilità
microsatellitare ed i difetti a carico delle proteine che
controllano i meccanismi di riparo del danno al Dna per
garantire l'accesso ai trattamenti immunoterapici. In tale
contesto la capacità di condividere esperienze, pratiche di
laboratorio, risultati e confrontarsi con i decisori politici è
la principale arma per la diffusione massiva di questa tipologia
di test". La rete oncologica regionale dunque come strumento di
accesso rapido ed equo all'innovazione e la sostenibilità dei
test e per standardizzare i percorsi diagnostici terapeutici e
assistenziali.
Il funzionamento del sistema immunitario nel paziente oncologico
è da tempo al centro dell'attenzione dei ricercatori. Gli studi
in questo campo hanno portato ad evidenziare alcune cause alla
base del mancato funzionamento di un sistema immunitario non
più in grado di riconoscere e contrastare le cellule
neoplastiche da quelle sane. Concentrandosi su queste cause la
ricerca ha prodotto negli ultimi 5-6 anni una rapida e
dirompente innovazione.
Così già oggi l'immunoterapia oncologica, si è consolidata in
molti tipi di cancro come nuovo fondamentale approccio
terapeutico in grado di portare speranze ai malati e oggi quando
l'ultima spiaggia resta solo una chemio aspecifica utilizzata al
di fuori delle indicazioni c'è l'urgenza di offrire una valida
opzione terapeutica rappresentata appunto dalle nuove frontiere
dell'immunoterapia non ancora disponibili per tutti i casi che
se ne gioverebbero. É fondamentale la necessità di favorire la
collaborazione di tutti gli stakeholder per creare campagne di
screening efficaci che permettano di testare/identificare le
pazienti eleggibili affinché il clinico possa prescrivere il
miglior trattamento possibile in base allo specifico profilo
mutazionale della paziente. (ANSA).