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Cop15: non vincola i Paesi la Dichiarazione approvata a Kunming

Il documento mostra l’impegno degli Stati nel voler costruire un futuro “in armonia con la natura”. Si tratta però di dichiarazioni che, già a partire dal prossimo summit, vanno tradotte in obiettivi quantificabili e misurabili sulla biodiversità.

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Il 15 ottobre si è chiusa la prima parte della Convenzione sulla diversità biologica (Cbd), meglio conosciuta come Cop15. Per via dell’emergenza sanitaria, questa tornata negoziale si è svolta online e al termine i delegati degli Stati si sono dati appuntamento alla seconda parte che si terrà in presenza nell’aprile del 2022 a Kumning, in Cina.                             

 Obiettivo “biodiversità”: ne va del nostro futuro. Cambiamento climatico e perdita di biodiversità sono due questioni da affrontare in modo parallelo, il primo problema si fortifica infatti al crescere dell’altro, e viceversa. Obiettivo della Cbd è quello di invertire il declino della biodiversità, per rovesciare una tendenza che sta portando al collasso i nostri ecosistemi. Instaurare un rapporto “armonioso con la natura” non è infatti una semplice opzione presente sul tavolo di dibattito, ma costituisce un elemento necessario per permettere alla natura di continuare a offrire gratuitamente quei servizi ecosistemici di cui l’uomo non può far a meno per vivere. Dopo i fallimenti degli ultimi decenni, basti pensare che dei precedenti 20 Target di Aichi che bisognava realizzare entro il 2020 solo sei sono stati parzialmente raggiunti, serve una risposta veloce ed efficace. L’umanità si sta pericolosamente avvicinando al “punto di non ritorno”. Il principale risultato a cui si è giunti durante questa prima parte della Conferenza è la “Dichiarazione di Kunming”, con la quale i Paesi si impegnano a negoziare nel 2022 un quadro globale efficace per la biodiversità post-2020.

La Dichiarazione e il Kunming biodiversity fund. Con la Dichiarazione di Kunming tutti Paesi (tra i quali vanno inseriti anche gli Stati Uniti che, pur non avendo ancora ratificato la Convenzione, partecipano attivamente ai tavoli negoziali) provano a lanciare un messaggio di unità e a garantire la formulazione e l'attuazione di un efficace quadro globale sulla biodiversità post-2020, per attuare serie politiche di ripristino entro il 2030, così da mettere il mondo sulla buona strada per l’obiettivo al 2050: vivere in armonia con la natura.

Il documento elenca 17 impegni che i Paesi devono portare avanti grazie anche a un nuovo approccio multilaterale. Eccone alcuni:

  • creare un "piano di attuazione per lo sviluppo delle capacità del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza" (accordo internazionale che mira a proteggere la biodiversità dai rischi posti dalle biotecnologie, come gli organismi geneticamente modificati);
  • ridurre gli effetti negativi dell'attività umana sulla biodiversità marina e costiera;
  • adottare un approccio ecosistemico per aumentare la resilienza della natura e degli esseri umani;
  • integrare l’attività di conservazione della biodiversità nei processi decisionali dei governi;
  • riformare ed eliminare gli incentivi finanziari dannosi per la biodiversità;
  • fornire strumenti finanziari ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli a rispettare gli impegni della Convenzione;
  • consentire la partecipazione delle comunità indigene e locali, nonché di tutte le parti interessate, allo sviluppo e all'attuazione di un quadro per la biodiversità.
  • sviluppare strumenti educativi per migliorare la comunicazione e la consapevolezza pubblica.

Inoltre nella Dichiarazione è presente l’obiettivo “30x30”. In sostanza, la comunità scientifica ci dice che per arrestare la perdita di biodiversità occorre mettere sotto tutela almeno il 30% del Pianeta (il 30% delle terre emerse e la stessa quota dei mari) entro il 2030. Un obiettivo importante, che viene però solamente menzionato. In generale, siamo anche questa volta di fronte a un documento che non presenta alcun vincolo per i Paesi: non li obbliga a raggiungere target quantificabili e misurabili sulla biodiversità. Vedremo se nel prossimo summit ci saranno novità in merito.

Come finanziare questo nuovo rapporto con gli ecosistemi? Diverse parti in gioco si stanno muovendo. Per esempio, l’inizio del summit è stato caratterizzato dall’annuncio del presidente cinese Xi Jinping dell’istituzione del Kunming biodiversity fund, un fondo di circa 230 milioni di dollari a sostegno delle azioni di ripristino della biodiversità nei Paesi in via di sviluppo. Il governo giapponese ha portato il suo impegno (certificato dal Japan biodiversity fund) a quota 17 milioni di dollari. Inoltre, l’Unione europea ha annunciato che raddoppierà i finanziamenti per la biodiversità per i Paesi extra Ue. Cifre importanti, ma ben lontane da quelle necessarie e, a ricordarlo, è proprio un rapporto dell’Onu dal titolo “State of finance for nature” (maggio 2021), in cui viene sottolineato che se davvero intendiamo raggiungere gli obiettivi sulla biodiversità, bisognerà mobilitare 8,1 mila miliardi di dollari entro il 2050.

 

di Ivan Manzo

Responsabilità editoriale e i contenuti sono a cura di ASviS


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