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Responsabilità editoriale di ASviS

World toilet day: la open defecation mette a rischio 673 milioni di persone all’anno

Strutture igienico sanitarie adeguate possono salvare la vita a migliaia di bambini e influire sulla violenza di genere. In futuro ci aspettano bagni portatili e trasparenti

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Iniziamo con un po’ di dati (tratti dal sito del World toilet day) per entrare in confidenza con l’argomento.

  • Secondo l’Oms oltre la metà della popolazione mondiale (o 4,2 miliardi di persone) non dispone di servizi igienici sicuri;
     
  • Secondo un’indagine congiunta di Who e Unicef, 673 milioni di persone sono ancora costrette a defecare all’aperto. Questa percentuale si concentra soprattutto in Paesi come l’India (dove il 25% delle persone defeca all’aperto, percentuale che corrisponde a 335 milioni di individui) o Chad (68%, equivalente a dieci milioni di persone) e Nigeria (68%, ovvero 14 milioni di individui);
     
  • Secondo l’associazione “Violence, gender & wash”, esistono numerosi impatti di genere legati alla defecazione all'aperto: “La mancanza di bagni privati sicuri rende le donne e le ragazze vulnerabili alla violenza sessuale” afferma l’associazione. “Le donne sono a rischio di molestie e stupri mentre cercano luoghi per la defecazione privati, spesso durante le ore di buio”.
     
  • Secondo l’Unicef, due scuole su cinque in tutto il mondo non erano dotate, prima della pandemia, di strutture di base per il lavaggio delle mani;
     
  • Sempre secondo l’Unicef, il 40% (o tre miliardi di persone) della popolazione mondiale vive dentro abitazioni prive delle strutture essenziali per il lavaggio delle mani (con acqua e sapone);
     
  • Secondo il Who, 297mila bambini sotto i cinque anni muoiono ogni anno (orientativamente più di 800 al giorno) per malattie diarroiche causate da una scarsa igiene o acqua potabile non sicura;
     
  • Secondo alcuni studi (Sato et, Al, 2013), l'80% delle acque reflue generate a livello globale dalla società rifluisce nell'ecosistema senza essere trattata o riutilizzata;
     
  • Secondo un’indagine compiuta nel 2018 dalle Nazioni Unite, le forniture idriche sicure e i servizi igienico-sanitari resilienti al cambiamento climatico potrebbero salvare la vita di oltre 360mila bambini ogni anno;
     
  • Secondo l’Unesco, entro il 2050, fino a 5,7 miliardi di persone potrebbero vivere in aree in cui l'acqua scarseggia per almeno un mese all'anno, creando una competizione senza precedenti per questa risorsa; inoltre, sempre entro il 2050, il numero di persone a rischio di inondazioni aumenterà dall'attuale livello di 1,2 miliardi a 1,6 miliardi;
     
  • Secondo l’Intergovernmental panel of climate change, se riuscissimo a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali, rispetto ai 2°C previsti dall’Accordo di Parigi, potremmo ridurre lo stress idrico indotto dal clima fino al 50%.

Dunque, appurato che il problema dei servizi sanitari è un problema, e anche serio, possiamo cominciare.

“Dobbiamo garantire a tutti, ovunque, l'accesso a servizi igienici sicuri che garantiscano privacy e dignità”: queste sono state le parole di António Guterres, segretario generale delle Nazioni unite in occasione del World toilet day, Giornata mondiale dei servizi igienico-sanitari, istituita dalla World toilet organization nel 2001 (e poi adottata dalle Nazioni unite come Giornata mondiale solo dodici anni più tardi, nel 2013) per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema. “Questa situazione è inaccettabile da un punto di vista morale, economico e sanitario”.

L'accesso sicuro a servizi igienici puliti è presente come Obiettivo 6.2 dell'Agenda 2030, che sottolinea la necessità di raggiungere, entro il 2030, “un adeguato ed equo accesso ai servizi igienico-sanitari e di igiene per tutti ed eliminare la defecazione all'aperto, con particolare attenzione ai bisogni delle donne e delle ragazze e di coloro che si trovano in situazioni vulnerabili”.

Garantire servizi igienico-sanitari puliti è fondamentale anche nel contesto della pandemia, dal momento che servizi adeguati, combinati con acqua pulita e una buona igiene, costituiscono una difesa significativa contro il Covid-19, così come contro futuri focolai di altri virus.

A questo proposito, numerosi esperti delle Nazioni unite sui diritti umani, sempre in occasione della Giornata, hanno lanciato un messaggio congiunto: “Cogliamo l'occasione per fare appello, ancora una volta, ai governi di tutto il mondo affinché implementino o ripristinino la politica di divieto della riduzione idrica e di altre forniture di base, per garantire la quantità minima di acqua a coloro che hanno difficoltà nel pagamento delle suddette forniture. Il nucleo minimo dei diritti umani all'acqua e ai servizi igienico-sanitari deve infatti essere garantito in ogni momento e circostanza”.

Quest'anno, il World toilet day si è concentrato sul tema “Igiene sostenibile e cambiamento climatico”, aspetto che collega le minacce ai sistemi igienico-sanitari con il peggioramento degli impatti dei cambiamenti climatici (inondazioni, siccità e innalzamento del livello del mare). Questi eventi possono infatti danneggiare i servizi igienici, le fosse settiche e gli impianti di trattamento, provocando la contaminazione delle fonti di acqua potabile e la diffusione dei rifiuti umani nelle comunità e nei terreni coltivati, causando malattie mortali.

Il problema è molto serio, e, con sistemi igienico-sanitari sostenibili, si potrebbero non solo risolvere i problemi collegati all’igiene, ma anche partecipare attivamente alla lotta contro il surriscaldamento globale. Come ricordato precedentemente, l'80% delle acque reflue generate nel mondo rifluisce infatti nell'ecosistema senza essere trattata o riutilizzata. “Le acque reflue e i fanghi dei servizi igienici contengono acqua, sostanze nutritive ed energia preziose” ricordano le Nazioni unite. Ne consegue inoltre che 1,8 miliardi di persone bevono acqua che potrebbe essere contaminata. “Il problema è particolarmente grave nelle periferie delle grandi città dei Paesi in via di sviluppo, cresciute senza adeguata pianificazione urbanistica”, si legge nel saggio Un mondo sostenibile in 100 foto di Enrico Giovannini e Donato Speroni. 

Ma come si può definire allora un sistema igienico-sanitario sostenibile? “L'igiene sostenibile inizia con una toilette che cattura efficacemente i rifiuti umani in un ambiente sicuro, accessibile e dignitoso. I rifiuti vengono poi immagazzinati in un serbatoio, che può essere successivamente svuotato da un servizio di raccolta, o trasportato tramite tubazioni”. Il riutilizzo sicuro dei rifiuti umani aiuta a risparmiare acqua, riduce e cattura le emissioni di gas serra per la produzione di energia e può fornire all'agricoltura una fonte affidabile di acqua e nutrienti.

A questo punto, però, viene da chiedersi: perché non abbiamo ancora strutture igieniche sicure? E quanto costerebbero?

Il rapporto “Global and regional costs of achieving universal access to sanitation to meet SDG Target 6.2”, pubblicato dall’Unicef in occasione della Giornata mondiale, fornisce “un aggiornamento sulla spesa richiesta per raggiungere gli SDGs in materia di igiene domestica”, in particolare per quanto riguarda i 140 Paesi a basso e medio reddito.

 

 

La figura mostra i costi annuali dal 2017 al 2030 per soddisfare la componente igienico-sanitaria dell'obiettivo SDG 6.2, che ammonterebbero a 105 miliardi di dollari, di cui 36 miliardi investiti per i servizi igienici di base, e ulteriori 69 miliardi per servizi igienici gestiti in modo sicuro.

L'Africa subsahariana (Ssa) rappresenta quasi il 50% dei costi globali per un accesso universale ai servizi igienico-sanitari, e il 39% dei costi per ottenere servizi gestiti in sicurezza” ricorda il Rapporto. “I fattori che contribuiscono a questa percentuale regionale includono i tassi di copertura igienica molto bassi e il numero elevato della popolazione”.

Un’iniziativa interessante è stata recentemente lanciata da Plan International, organizzazione che da oltre 75 anni lavora nei luoghi più poveri del mondo: l’associazione ha gettato luce sul rischio, per donne e bambine, di essere rapite o abusate sessualmente quando si trovano in cerca di un luogo appartato per defecare. Il problema si acuisce nei Paesi in via di sviluppo, dove molte bambine saltano la scuola durante i giorni del ciclo mestruale, a causa della mancanza di servizi igienici nelle scuole e di una scarsa conoscenza dei meccanismi del proprio corpo. Il secondo motivo di assenza è dovuto alla carenza di assorbenti usa e getta, e al suo posto all’utilizzo di stracci, giornali, foglie di banano (rimedi che causano imbarazzo e disagio).

Plan International ha sviluppato quindi un programma in 53 villaggi dell'Uganda dedicato alla formazione di oltre 400 bambine sull'igiene durante il ciclo, distribuendo inoltre nelle scuole gli AfriPads, assorbenti made in Uganda, lavabili, economici e che durano fino a un anno.

Se questa è la condizione attuale, però, quale sarà l’evoluzione dei servizi igienici nel prossimo futuro?

Una possibile soluzione alla problematica igienico-sanitaria è stata introdotta da Bill Gates, il quale ha investito 200 milioni di dollari in sette anni per realizzare il primo wc che funziona anche senza acqua e senza fognature, una specie di bagno portatile. Questo wc permetterebbe di trasformare “ciò che viene depositato nella tazza in acqua e fertilizzanti” grazie a un reattore biochimico alimentato da pannelli solari. Il problema, per il momento, è un costo particolarmente elevato: ma Gates, già da qualche tempo sostiene che “quando il prezzo del Wc scenderà a 500 dollari la sua installazione potrà essere sostenuta in molti parti del mondo”.

Ma c’è anche chi pensa a innovare i bagni pubblici nelle grandi metropoli.

In Giappone, infatti, secondo un articolo di Forbes, anche se i servizi hanno uno standard di igiene più elevato rispetto al resto del mondo, i residenti temono che i bagni pubblici siano inscuri, sporchi e puzzolenti. Per curare questa diffidenza, la Nippon foundation ha lanciato "The Tokyo toilet project", incaricando 16 noti architetti di rinnovare 17 bagni pubblici situati nei parchi pubblici di Shibuya, una delle aree commerciali più trafficate di Tokyo.

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di Flavio Natale

Responsabilità editoriale e i contenuti sono a cura di ASviS


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