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Ocse, parità di genere: piccoli progressi sul lavoro, ma ancora lontani dalla meta

Si riduce il gap salariale ma permangono diseguaglianze.

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Positivi ma limitati sono i progressi registrati nel mondo del lavoro. Nonostante, infatti, il tasso di occupazione femminile nei Paesi Ocse sia cresciuto più velocemente di quello maschile tra il 2010 e il 2017, l’occupazione delle donne risulta in media ancora inferiore di cinque punti percentuali rispetto a quella degli uomini. È quanto emerge dagli ultimi dati pubblicati dall’Ocse sul portale dedicato alla parità di genere. La piattaforma, attraverso l’analisi di 75 indicatori, mette in luce le disuguaglianze che persistono nei campi dell’educazione, dell’occupazione, dell’imprenditorialità, della governance pubblica, della salute e dello sviluppo.

Le donne hanno più probabilità di lavorare in part-time e meno di diventare manager. Tuttavia dal 2010 è cresciuta sia la quota di lavoratori uomini in part-time che il numero di donne manager, consentendo così una lieve diminuzione del cosiddetto gender pay gap, ovvero la differenza salariale tra lavoratrici e lavoratori. La media Ocse è, infatti, scesa dal 14.4% del 2010 al 13.2% del 2017, mentre l’Italia registra un tasso del 5,6%. In molti Paesi, però, aumentano le disparità in termini pensionistici: in testa si pone la Germania, con un divario del 40% rispetto alla media Ocse del 25%.

Il portale mette in luce anche nuovi dati relativi al cosiddetto “soffitto di cristallo”, il fenomeno che descrive gli ostacoli alla carriera delle donne nei consigli di amministrazione. Le donne continuano a essere fortemente sottorappresentate in tutti i settori aziendali, costituendo solo il 16% dei membri dei consigli direttivi nelle 500 multinazionali più grandi per capitale di mercato. Perfino nel settore con la migliore performance, quello delle aziende che producono articoli per la casa, le donne in posizioni di potere rappresentano solo un quinto.

La loro scarsa presenza è il risultato di discriminazioni di genere che hanno storicamente impedito l’accesso delle donne ai ruoli dirigenziali. Sebbene, infatti, tra i membri dei consigli di amministrazione la quota di donne giovani sia già significativamente bassa - ad esempio è solo del 24% per le nate tra il 1970 e il 1979 - questo dato risulta essere addirittura quattro volte inferiore per quelle della coorte 1940-1949.  Al contrario di quanto ci si aspetterebbe, questa tendenza non migliora nemmeno nelle aziende più giovani.

 

di Elita Viola

Responsabilità editoriale e i contenuti sono a cura di ASviS


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