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Lavazza e lo sviluppo sostenibile nel racconto di 7 donne

Da Pinki a Ambrosia, storie di emancipazione e di successo

Torino ANSAcom

 Fra le storie delle sette donne raccontate da Lavazza con #ChangeforBetter, ce ne sono alcune particolarmente emblematiche del ruolo e dell'impatto dei progetti di sviluppo sostenibile portati avanti dalla Fondazione dell'azienda torinese.
La prima è quella di Pinki, giovane indiana che ha dovuto rinunciare allo studio per aiutare economicamente la sua famiglia con piccoli lavoretti. Ma, pur andando contro il parere negativo dei fratelli, non ha esitato quando ha avuto la possibilità di iscriversi a un corso di formazione organizzato a Calcutta da Lavazza con Save the Children, nell'ambito della prima edizione del progetto 'A Cup of Learning’. E oggi, insieme ad altri 45 giovani che come lei vivevano in situazioni di difficoltà, lavora come barista con tanto di certificazione professionale. Dal suo avvio, proprio in India nel 2017, il progetto si è esteso a livello globale e ha formato finora oltre 120 persone in altri otto Paesi, Italia, Brasile, Repubblica Dominicana, Haiti, Cuba, Ecuador,Albania e Regno Unito.
La seconda storia è quella di Sheila, ugandese, che dopo quasi 10 anni come direttrice nazionale di Sawa World, Ong che aiuta i giovani che vivono situazioni difficili a uscire dalla povertà favorendone l’imprenditorialità, è diventata un'ispirazione per molte giovani donne del suo Paese. Uno dei progetti che ha ideato e portato avanti è l'Ujana Coffee Project, sostenuto dalla Fondazione Lavazza, che nel solo 2020 ha aiutato oltre 300 giovani a formarsi, a strutturare le loro idee di business legate alla coltivazione locale del caffè in altrettante micro-imprese e a diffonderle per via digitale ispirando oltre 4.000 ragazzi e ragazze.
Grazie al suo impegno, Sheila ha innescato un significativo cambiamento nelle aree rurali dell'Uganda, soprattutto in un momento difficile come quello della pandemia, evidenziando il grande valore che la formazione e le tecnologie possono avere. Da qui sono nati anche progetti paralleli, come il sostegno alla creazione di un’azienda di pellet dagli scarti del caffè o di piccole pasticcerie di strada con dolci a base di caffè.
Infine Isabel, che con i suoi 55 anni è una delle donne più mature della comunità indigena di etnia Maya Poq’omchi’, a San Lucas, in Guatemala. Una comunità costituita oggi in prevalenza di donne, a causa di 36 anni di guerra civile e della pulizia etnica che hanno decimato la popolazione e impoverito l’area.Isabel ha dato una svolta alla sua vita e a quella della sua comunità partecipando al progetto di formazione alle buone pratiche agricole 'Coffee to be Reborn'. Iniziativa supportata dalla Fondazione Lavazza con l'Ong Verdad y Vida che dal 2016 ha creato le condizioni affinché un gruppo di donne potesse riavviare le imprese famigliari di coltivazione del caffè. E oggi, Isabel e altre 140 donne come lei non solo hanno ripreso una produzione di caffè di qualità, ma sono riuscite a fare enormi passi avanti nella sua commercializzazione mettendolo sul mercato in forma collettiva, con un impatto positivo sulla loro vita e quella di un’intera comunità di oltre mille persone. E poi c’è Ambrosia, diventata presidente della Cooperativa del caffè del suo paese e che, con i proventi del suo lavoro in questo campo è riuscita, con grande orgoglio, a mandare i due figli all’università.

In collaborazione con:
Lavazza

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