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Due italiani rapiti in Libia. 'Fermati in strada nel deserto'. Rapitori 'noti' alle autorità

Due italiani rapiti in Libia. 'Fermati in strada nel deserto'. Rapitori 'noti' alle autorità

Sono Bruno Cacace, 56enne residente a Borgo San Dalmazzo (Cuneo), e Danilo Calonego, 66enne della provincia di Belluno. Si tratta di due dipendenti della Con.I.Cos (Contratti Internazionali Costruzioni) di Mondovì

ROMA, 22 settembre 2016, 10:43

Redazione ANSA

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COMBO Libia : media, rapiti lavorano per Con.I.Cos Mondov - RIPRODUZIONE RISERVATA

COMBO Libia : media, rapiti lavorano per Con.I.Cos Mondov - RIPRODUZIONE RISERVATA
COMBO Libia : media, rapiti lavorano per Con.I.Cos Mondov - RIPRODUZIONE RISERVATA

In mano a criminali locali - non terroristi di matrice jihadista - noti nella zona. Sarebbero ancora nell'area di Ghat e si stanno attuando controlli e blocchi nelle possibili vie di fuga per evitare che vengano spostati. Il principale punto di contatto è per ora il sindaco della cittadina libica, Komani Mohamed Saleh, personaggio molto influente nella zona, che ha dato la notizia del sequestro e l'ha confermata alla Farnesina. Il giorno dopo il rapimento dei tre tecnici della Con.I.Cos - i due italiani Bruno Cacace (56 anni) e Danilo Calonego (66) ed un collega canadese - non ci sono ancora stati contatti diretti con il gruppo dei rapitori, nè rivendicazioni o certezze. Il premier Matteo Renzi sta seguendo da vicino il caso, insieme al sottosegretario all'Intelligence, Marco Minniti. "Su queste cose - ha detto Renzi - lavoro, silenzio e prudenza". In ansia le famiglie, che attendono notizie.
TEAM 007 A GHAT - Il lavoro è febbrile all'Aise ed alla Farnesina per scongiurare il ripetersi del lungo sequestro degli operai della Bonatti, spostati da una parte all'altra della Libia e conclusosi con l'uccisione di due ostaggi. Proprio in seguito all'esito di quella vicenda, il direttore dell'Aise Alberto Manenti - che il 4 ottobre sarà ascoltato dal Copasir in audizione - ha cambiato nei mesi scorsi gli uomini che seguono da vicino il Paese africano e si occupano di gestire i sequestri. Un team del servizio - guidato da un vicedirettore - è partito per Ghat. Il tempo stringe. Col passare dei giorni la situazione si complica in un Paese polveriera, dove proprio in questi giorni si sta dispiegando la missione Ippocrate con 300 militari italiani a Misurata per allestire un ospedale da campo.
IPOTESI RAPIMENTO-LAMPO NON CHIUSO - Quello che si sa, per ora, da fonti delle autorità locali, è che i tre ieri mattina viaggiavano su un auto con autista, senza scorta, lungo la strada che attraversa il deserto tra Ghat e Ubari. Non sono novellini, ma veterani della zona, che dunque consideravano sicura. Calonego è anche un musulmano convertito e sembra che proprio per questa ragione nel 2014 sia sfuggito ad un altro tentativo di sequestro nel deserto libico. La loro presenza non era stata comunicata alla Farnesina. "Quando una società italiana opera in Libia - ha spiegato il capo dell'Unità di crisi, Claudio Taffuri - la esortiamo a dotarsi di un sistema di sicurezza. Per noi è un paese a rischio, ma capisco le imprese che hanno interesse sul posto e dunque sono invitate a dotarsi di sistemi sicurezza". Il mezzo sul quale viaggiavano è stato bloccato da auto con uomini armati a bordo che hanno legato l'autista e portato via i tre tecnici. C'è l'ipotesi che l'azione fosse stata ideata come un rapimento-lampo, per ottenere subito un riscatto dall'azienda - che da molti anni lavora in Libia, dove ha anche uffici - e rilasciare gli ostaggi prima ancora che il caso diventasse pubblico. Ma qualcosa è andato storto. Tutte ipotesi, appunto, in mancanza ancora di dati e testimonianze attendibili.
OSTAGGI ANCORA IN ZONA, TRIPOLI CONDANNA - E' stato proprio il sindaco di Ghat, Komani Mohamed Saleh, a rendere pubblico ieri il rapimento. Ed è lui - per ora - il principale referente delle autorità italiane che stanno lavorando alla risoluzione del caso. Dalla municipalità della cittadina fanno sapere che i rapitori sono personaggi noti alle autorità locali per essersi resi responsabili, in passato, di rapine e imboscate contro auto. L'area è dominata dall'etnia tuareg e sembra che il sindaco goda di un certo prestigio sul territorio e si sia messo subito al lavoro, coordinando le varie milizie presenti, per trovare il covo dove sono stati condotti gli ostaggi. A quanto pare, non avrebbero lasciato l'area di Ghat e dunque sono stati attuati posti di blocco e controlli per evitare che vengano trasferiti altrove o passati di mano ad altri gruppi, di matrice jihadista, che potrebbero utilizzarli per rivendicazioni 'politiche' contro la presenza italiana e in Libia. C'è ora da vedere se dal gruppo criminale partiranno richieste e si potrà così intavolare una trattativa. Ed interviene anche Tripoli, cui Ghat è fedele nel complesso groviglio delle alleanze libiche. Il vicepresidente del Consiglio presidenziale del governo di unità, Moussa el Kouni, ha espresso "una forte condanna" per il rapimento ed ha assicurato che saranno intensificati "gli sforzi politici con i servizi di sicurezza e gli abitanti del sud di Ghat e le regioni di confine per trovare i sequestrati".
PROCURA ROMA POTREBBE INTERROGARE AUTISTA - Intanto la procura di Roma ha delegato ai carabinieri del Ros una serie di attività. Tra queste, quella di apprendere dall'azienda cuneese notizie sugli ultimi contatti con i due tecnici, attraverso quale canale si è saputo del loro rapimento, chi era l'autista libico, scampato al rapimento e quali misure di sicurezza era state adottate. Per lo stesso autista potrebbe essere chiesto un interrogatorio.

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