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Libia: italiani rapiti, ore d'angoscia nel Cuneese

Libia: italiani rapiti, ore d'angoscia nel Cuneese

Cacace da 15 anni in Africa ma originario di Borgo San Dalmazzo

TORINO, 20 settembre 2016, 08:20

Redazione ANSA

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 TORINO, 19 SET - Ore di angoscia per la sorte dei due italiani rapiti in Libia: a Borgo San Dalmazzo, il Comune cuneese di cui è originario Bruno Cacace, e a Sedico, nel Bellunese, dove è nato Danilo Calonego, si attendono con trepidazione notizie da Ghat, nel sud del paese africano, dove sono stati sequestrati.
    Entrambi lavorano per la Con.I.Cos., una multinazionale con numerose commesse di ingegneria civile fondata nel '77 a Mondovì (Cuneo) e che da decenni opera in Libia. La notizia si è diffusa subito a Mondovì. "Abbiamo cercato di metterci in contatto con i responsabili dell'azienda, ma finora non abbiamo trovato nessuno, né a Mondovì né in Libia", dice il sindaco Stefano Viglione. "Abbiamo contattato la Farnesina - prosegue il primo cittadino monregalese - e ci hanno spiegato che la situazione è delicata ed è opportuno usare la massima discrezione".
    C'è preoccupazione anche a Borgo San Dalmazzo, il comune della Valle Stura dove vivono l'anziana mamma e il fratello gemello di Cacace. "E' un brutto colpo per la nostra comunità.
    Conosco personalmente Bruno e anche se vive in Libia da 15 anni è una persona molto nota nel nostro paese", afferma all'ANSA il sindaco Giampaolo Beretta. "Ho parlato con la famiglia - aggiunge il primo cittadino - che in questo momento chiede però di essere lasciata tranquilla. Sono ore molto delicate".
    Cacace è sposato e separato e ha due figlie che vivono in Francia, una a Saint Tropez e l'altra a Parigi. Torna un paio di volte all'anno in paese.
    Squilla a vuoto il telefono di Giorgio Vinai, cofondatore della Con.I.Cos. e memoria storica dei costruttori italiani impegnati nel Nord Africa: "Tornerò presto in Libia a tutelare i miei interessi", aveva detto nei mesi scorsi l'imprenditore cuneese, in occasione del rapimento dei tecnici della Bonatti.
    "E' ipocrisia cercare di tenere lontani gli italiani dalle proprie imprese in Libia", sottolineava ancora Vinai, alle prese con i cantieri e le commesse della Con.I.Cos. da rispettare e con gli ingenti crediti accumulati negli anni nei confronti della Libia. Ora questa nuova pagina nella storia della sua azienda, probabilmente la più difficile per Vinai. 
   

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