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Immigrati, vogliamo abbracciare Papa

Immigrati, vogliamo abbracciare Papa

Don Volpe, comunità Ballarò è esempio convivenza qui c'e' Gesù

PALERMO, 11 settembre 2018, 13:25

Redazione ANSA

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       (di Antonello Ravetto Antinori) "Dove ci sono i poveri, i forestieri, gli affamati, i carcerati, i bisognosi d'aiuto, lì c'è Gesù. Quindi Gesù vive anche qui, a Ballarò, perché qui più che altrove c'è bisogno del suo amore".   Don Enzo Volpe, che da sei anni dirige il Centro salesiano Santa Chiara, in uno dei quartieri storici palermitani dove convive il grande mix di religioni, culture etnie, simbolo di integrazione fra palermitani ed immigrati. Il 15 settembre "Don Enzo", come lo chiamano tutti nel quartiere, sarà a Piazza Politeama al sinodo dei giovani in programma nel pomeriggio, uno degli appuntamenti previsti in occasione della visita di Papa Francesco. "Andrò insieme con 30 giovani immigrati - dice - anche se chiamarli così è sbagliato, sono quasi tutti nati qui, sono 'palermitani', parlano più in dialetto che nella loro lingua d'origine". Da anni il Centro Santa Chiara è un punto di riferimento delle comunità straniere. "Comunità cattoliche, ma non solo - aggiunge - qui vengono anche alcuni islamici che non hanno spazi per poter pregare, le nostre porte sono aperte anche a loro. Ecco, a Papa Francesco direi di pregare per noi, ma anche di 'prendere esempio da noi': a Ballarò abbiamo dimostrato che la convivenza e l'integrazione è possibile". A fotografare la mappa delle comunità di immigrati che risiedono stabilmente in città è padre Sergio Natoli, responsabile dell'ufficio Migrantes dell'Arcidiocesi di Palermo. "Sono circa 40 mila - dice - il 60 per cento sono cristiani e di questi circa 15 mila sono cattolici. Per 'comunità cattoliche' intendiamo quelle che si riuniscono in modo regolare e continuativo per esercitare la loro fede. La più numerosa a Palermo è quella dello Sri Lanka che conta due etnie, Tamil e Cingalese: 6 mila persone in tutto, circa 4 mila cattolici". In occasione della visita del Papa le diverse comunità hanno messo insieme un gruppo di 60 giovani di 12 Paesi diversi che lo abbracceranno simbolicamente: parte di loro formeranno un coro, altri daranno vita ad una coreografia, tutti insieme in piazza Politeama si esibiranno in due canzoni, "Oh happy day!" e "Se ciascuno fa qualcosa", quest'ultima scritta dallo stesso padre Natoli per ricordare una frase di Pino Puglisi ("Se ciascuno fa qualcosa, questo mondo cambierà").
    "Il messaggio che vogliamo mandare a tutti i giovani che saranno in piazza Politeama per il Santo Padre - aggiunge Padre Natoli - è che è possibile stare insieme, costruire un arcobaleno di popoli. Ma è necessario innanzitutto respingere i segnali di razzismo e xenofobia che a volte si annidano, purtroppo, anche nelle istituzioni". Fra i giovani del coro c'è anche Victoria. È ghanese, compirà 14 anni fra pochi giorni, frequenta la terza media e parla ancora un italiano timido: è arrivata a Palermo da nove mesi per ricongiungersi con i suoi genitori. "Cosa direi a Papa Francesco…? Ti voglio bene! Mi fai battere il cuore!".
    Accanto a lei c'è Suor Valeria, missionaria comboniana che da otto anni si occupa dell'accoglienza degli immigrati nella chiesa di San Nicolò all'Albergheria, a pochi passi dal Centro Santa Chiara. Anche Suor Valeria in questi giorni lavora in vista del 15 settembre, organizza le prove del coro nei locali della chiesa. Così come avviene in altre chiese e quartieri in città, dove in tanti si preparano ad accogliere il Papa. Fra le comunità "minori" ma più radicate nel capoluogo c'è quella dell'Eritrea. Dice Ghirmay Brhane, leader degli 'eritrei palermitani': ''Una nostra rappresentanza sarà alla messa del Foro Italico. Vorremmo dire a Papa Francesco di ricordare la 'lezione' della guerra che per decenni ha messo in ginocchio il nostro Paese, e che finalmente adesso si è conclusa: serve più 'giustizia' nel mondo, a tutti i livelli. Ma per un mondo più giusto bisogna pregare ed impegnarsi ogni giorno, ognuno per ciò che può". 
   

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