Il 6 maggio 1976, 39 anni fa, in Friuli la terra trema: alle 21.00 un terremoto di magnitudo 6,4 della scala Richter e intensità pari al IX-X grado della scala Mercalli colpisce un'area di 5.700 chilometri quadrati. Cinquantanove tragici secondi, la durata della scossa principale. La zona a nord di Udine è la più colpita. I danni sono immensi, stimati in 4.500 miliardi delle vecchie lire, 989 le vittime, circa 3.000 i feriti.
Il patrimonio di valori della ricostruzione dopo il sisma del 1976, ovvero lo slancio, la caparbietà, la capacità d'intervento e l'etica, tutti elementi del 'modello Friuli' di ricostruzione sociale ed economica, sono l'attuale tesoro a cui attingere in periodi di crisi e ripartenza, sottolinea la presidente della Regione Debora Serracchiani. Per Serracchiani, i principi che hanno guidato la rinascita del Friuli "vanno ritrovati e gelosamente conservati".
Oggi l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste dà il via a una serie di eventi per ricordare il terremoto del Friuli e diffondere buone pratiche di sicurezza e riduzione dei rischi naturali. Si tratta di un "fronte sul quale l'Ogs è attivo da anni, nell'ambito di iniziative finanziate dalla Protezione Civile Nazionale e dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca", afferma la presidente Maria Cristina Pedicchio. Il primo appuntamento dedicato alla memoria e mirato alla consapevolezza è una videolezione, disponibile sul sito dell'Istituto (www.inogs.it).
LEZIONE SUL TERREMOTO
I sismologi dell'Ogs ricostruiscono la storia del terremoto e illustrano le strategie da adottare per ridurre i rischi e non essere impreparati nei confronti di un terremoto futuro. Si prosegue venerdì 8 e sabato 9 maggio con visite guidate per le scuole nella sala sismica del Centro Ricerche Sismologiche dell'Ogs e laboratori e conferenze all'Istituto Bearzi di Udine, che in occasione dell'anniversario del terremoto ha organizzato 'le giornate dell'emergenza' per sensibilizzare studenti e studentesse sui temi della sicurezza e della prevenzione dei rischi legati alle calamità naturali. "Il terremoto che nel 1976 ha colpito il Friuli Venezia Giulia ha rappresentato una chiave di volta per la sismologia in Italia e per la gestione del territorio. Dopo il terremoto del Friuli è nata, infatti, la Protezione Civile ed è iniziata la raccolta sistematica dei dati, prima a livello regionale e poi nazionale, e gli esperti di scienze della terra hanno cominciato a fare rete per studiare in maniera globale il fenomeno terremoto", commenta Dario Slejko, sismologo dell'Ogs operativo 39 anni fa, quando il terremoto ha fatto tremare il cuore della regione.
È stata proprio la stazione dell'Ogs di Trieste a localizzare principalmente le scosse. Il primo strumento per lo studio dei terremoti fu installato nel capoluogo giuliano nel 1906 e può essere considerato il primo tassello della rete sismometrica inaugurata poi dall'istituto il 6 maggio 1977, un anno dopo il terremoto, per seguire la sequenza sismica ancora in corso e documentare la sismicità regionale. "Il Centro di Ricerche Sismologiche (Crs) dell'Ogs è figlio del terremoto", commenta Marco Mucciarelli, direttore del Crs. "Oggi dispone di una rete per il monitoraggio sismico dell'Italia nord-orientale, consente di individuare le aree sismicamente attive di Fvg, Veneto e provincia di Trento e fornisce un sistema di allarme sismico a supporto alla Protezione Civile regionale. Il sistema automatico di allerta oggi funziona in tempi impensabili 39 anni fa: è in grado infatti di fornire dopo poche decine di secondi dall'evento sismico la localizzazione e la magnitudo alla sala operativa della Protezione Civile e tutto questo dà maggiore efficacia ai soccorsi".