"Nei prossimi giorni il Parlamento si
accinge ad approvare il Decreto Sicurezza dove si prevede
l'estensione della vendita dei beni immobili confiscati a tutti
i soggetti privati. La vendita di quei beni significherà una
cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà
del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la
legge". Lo scrivono, in un appello unitario, Acli, Arci,
Articolo 21, Avviso Pubblico, Centro Studi "Pio La Torre", Cgil,
Cisl, Uil, Federazione Nazionale della Stampa Italiana,
Legambiente, Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie
e Usigrai.
Per queste ragioni le associazioni e i sindacati chiedono al
Parlamento "che la vendita venga considerata in maniera chiara e
inequivocabile una extrema ratio e non una scorciatoia per
evitare le criticità che si riscontrano nella destinazione e
assegnazione dei beni".
"Chiediamo al Parlamento - scrivono - di rafforzare,
piuttosto, l'azione di aggressione ai patrimoni delle mafie e
della criminalità economica/finanziaria e di dare concreta
attuazione alle norme che stabiliscono la confisca di beni ai
corrotti. Chiediamo, infine, un rafforzamento complessivo
dell'Agenzia nazionale e che la costituzione dei tavoli
provinciali per le aziende sequestrate e confiscate non sia
lasciata alla discrezionalità delle Prefetture come invece
recita in modo chiaro il testo in vigore del Codice Antimafia.
Chiediamo, altresì, che i fondi pubblici per gli investimenti e
per l'accesso al credito siano resi pienamente operativi così
come la previsione di risorse dedicate ai progetti di riutilizzo
sociale a favore degli Enti pubblici destinatari dei beni e
delle associazioni/cooperative assegnatarie".
L'appello è a tutte le forze politiche in Parlamento "perché
si fermino e ripensino quanto stanno per votare e considerino le
proposte che le scriventi organizzazioni sindacali e
associazioni hanno sempre evidenziato. Non possiamo rischiare
che il provvedimento si traduca in un ulteriore "regalo" alle
mafie".
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