Il gip di Milano Anna Magelli ha
archiviato l'indagine in cui Toto' Riina, intercettato il 14
settembre 2013 nel carcere di Opera nel corso di una
conversazione con Alberto Lorusso, presunto boss della Sacra
Corona Unita, minacciò di morte don Luigi Ciotti. Il giudice,
pur ritenendo che le parole di Riina avessero "idoneità"
intimidatoria, ha valutato che in questo caso il boss non aveva
il potere di farle arrivare all'esterno. Il pm ha chiesto
l'archiviazione ma con diversa motivazione. Il gip Magelli nel
suo provvedimento di archiviazione, a differenza del pm Bruna
Albertini, ha stabilito che le parole pronunciate da Riina nella
conversazione con Lorusso durante l'ora d'aria avessero avuto
efficacia intimidatoria, sia per la caratura criminale dei
personaggi sia per il quadro in cui si inseriscono considerato,
in particolare, il paragone tra Don Ciotti e Don Puglisi ucciso
da Cosa Nostra nel settembre del 1993. In questo caso, però, per
il giudice è mancato quel rapporto diretto tra colui che
minaccia e il destinatario delle minacce poichè, essendo il boss
di Corleone detenuto in regime di 41 bis - come Lorusso -, non
era in suo potere fare arrivare le sue frasi intimidatorie
dirette al fondatore di Libera all'esterno del carcere.
In quel dialogo il capomafia, aveva detto "questo prete è una
stampa e una figura che somiglia a padre Puglisi" e poi "Ciotti,
Ciotti, putissimo pure ammazzarlo". Tali intercettazioni nelle
quali erano emerse anche intimidazioni al pm Antonino di Matteo
e al direttore del carcere di Opera Giacinto Siciliano, furono
depositate nel processo sulla trattativa Stato-Mafia e poi
trasmesse alla procura milanese per competenza. Ma mentre per le
minacce a Sicilano è in corso il processo a Riina, per quelle a
Don Ciotti il pm Albertini aveva chiesto l'archiviazione
dell'indagine sostenendo non avessero efficacia intimidatoria.
Riina, ora ottantaseienne, é ricoverato nel reparto detenuti
dell'ospedale Maggiore di Parma ed è in attesa dell'udienza
fissata per il 7 luglio davanti al Tribunale di Sorveglianza che
dovrà decidere, anche alla luce della recente pronuncia della
Cassazione - non immune da polemiche - sull'istanza della difesa
del capo dei capi che da anni chiede il differimento della pena
o i domiciliari per motivi di salute.
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