ANSA) - ROMA, 3 NOV - Minacce gravissime sono state proferite,
presumibilmente da appartenenti ad organizzazioni camorristiche,
all'indirizzo di un testimone di giustizia, Gennaro Ciliberto e
dei Carabinieri di scorta a Somma Vesuviana. A renderlo noto è
l'associazione antimafia Antonino Caponnetto. "Nemmeno la
presenza degli uomini dell'Arma - fa sapere il segretario
dell'associazione Elvio Di Cesare - ha indotto questi criminali
ad esimersi dal pronunciare parole che suonano minaccia anche
nei confronti dell'Arma e dello Stato, oltre che della persona
del Testimone di Giustizia. Minaccia, peraltro, talmente grave
che avrebbe dovuto comportare l'arresto seduta stante".
L'Associazione chiede in particolare al Procuratore Capo della
Repubblica di Napoli "di emettere immediatamente le misure
restrittive previste dalla legge nei confronti di coloro che
minacciano, oltre che singole persone, i rappresentanti della
legge". Ciliberto è stato responsabile della sicurezza nei
cantieri di una ditta realizzatrice della costruzione e della
manutenzione di varie opere autostradali in subappalto, e nel
2010 ha denunciato corruzione nell'aggiudicazione di lavori,
infiltrazioni mafiose ed anomalie costruttive.
"Apprendiamo con sgomento delle minacce nei confronti del
testimone di giustizia Gennaro Ciliberto mentre si trovava in
visita presso la tomba della madre. Un grave e preoccupante
episodio", afferma anche Ignazio Cutrò, Presidente della
Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia. "L'unico scopo di
questa azione - prosegue Cutrò - è quello di mettere a tacere il
coraggio e l'impegno civile di legalità di un nostro amico e
compagno di viaggio. Occorre che la risposta dello Stato alle
minacce ricevute dal testimone Ciliberto sia rapida e se
necessario anche aumentando il livello del dispositivo di
sicurezza a tutela del testimone. Dobbiamo inoltre constatare
che i testimoni di giustizia, per l'alto valore simbolico della
loro testimonianza, resteranno per tutta vita oggetto di gravi
ritorsioni da parte della criminalità organizzata di stampo
mafioso". "Per tali ragioni - conclude Ignazio Cutrò - chiediamo
al Ministero dell'Interno di valutare sempre con molta
attenzione la fuoriuscita del testimone dal programma speciale
di protezione. Le mafie, infatti, non dimenticano e lo Stato ha
il dovere di tutelare la vita del testimone e dei suoi familiari
a prescindere dai costi di bilancio per tutelarne l'incolumità".
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