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A Pyeongchang al via i Giochi, sfila la speranza della pace

Storica visita della sorella di Kim, prima rappresentante famiglia a Seul

La Corea che sorride dicendo kimchi al posto di cheese, mangia bulgogi e gioca a baduk guarda ai Giochi come a un'occasione per cambiare era. Sfila unita con i rivali del Nord, una chance d'oro, un sogno, magari per "denuclearizzare la penisola" dice all'Ansa l'ambasciatore italiano a Seul, Marco Della Seta.

Concetto su cui ha fatto leva anche il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, in visita al villaggio del ghiaccio di Gangneung alla vigilia del grande giorno.

Quello del via ufficiale con la cerimonia inaugurale, 92 paesi in gara, 91 a sfilare perché le Coree hanno scelto la bandiera unica. "E' una finestra per creare le condizioni per arrivarci" dice Guterres. Del resto qui la prospettiva dei Giochi è cambiata di colpo a quando la presenza inattesa fino a solo un mese fa dei 'nemici' oltre il 38/o parallelo è diventata realtà.

E questo sembra aver dato una linfa nuova anche a Seul che tra tecnologia ed esportazioni ha scalato le classifiche delle potenze mondiali. Nella regione di PyeongChang, in questo spicchio di Asia estrema anche per il clima decisamente poco mite, la gente sta scoprendo le Olimpiadi solo ora che improvvisamente un bel pezzo di mondo si è catapultato qui: ma è l'eredità che questi Giochi lasceranno, fatta non solo di treni nuovi e infrastrutture, a far sperare. Perché nonostante tutto il disgelo tra le Coree, sancito grazie allo sport, va avanti: ai Giochi arriva addirittura la sorella del dittatore Kim e mentre al Nord si celebrano i 70 anni delle forze armate con la parata monstre e lo sfoggio del rigore militare, gli atleti di Pyongyang di stanza al Sud hanno fatto festa al villaggio durante la cerimonia dell'alzabandiera. Balli e musica con 80 cheerleder in tenuta ufficiale a suonare brani pop e la canzone falk tradizionale Arirang.

Ma se il 25 febbraio, a riflettori spenti, tutto questo sarà solo un ricordo allora il ponte costruito non sarà servito a molto. "La partecipazione della Corea del Nord, fortemente voluta dal Sud, è stato un colpo di scena - sottolinea Della Seta - è costituisce un passo importante. Questo non vuol dire che tutto sia risolto: il passo vero è togliere il nucleare dalla Penisola". Un Paese a grande "vocazione sportiva" non nuovo a organizzazione di grandi eventi: da Seul '88 al mondiale di calcio del 2002 la Corea c'è. "Questi Giochi avranno anche un impatto economico, saranno un'occasione per dare una seconda vita a una regione - dice l'ambasciatore - senza dimenticare il valore sociale, soprattutto con le Paralimpiadi per dimostrare che la Corea ha a cuore il tema della disabilità". Dal cibo ai fumetti, dal cinema ai libri, passando per la musica la Corea vuole mostrarsi al mondo: e lo farà già a partire dalla cerimonia, puntando su efficienza e tradizione, storia e nuove frontiere.

"La Corea è riuscita a risorgere dalle ceneri del dopoguerra, dagli anni 60-70 ha cominciato a crescere fino a diventare l'11/a potenza al mondo". Quello che tutti si aspettano, qui dove la musica che impazza è il K-pop ("In Cina, Giappone e Taiwan va per la maggiore - dice Della Seta - e anche in Italia c'è un fan club che conta 10000 iscritti"), ma si gioca a calcio, pallavolo, e si pattina sul ghiaccio da campioni, è una grande festa. Di sport e di vita, guardando al futuro. La scena sui Giochi che tornano in Corea a trent'anni da quelli di Seul si apre: due Coree, una sola bandiera e tanta voglia di non fermare la corsa della pace. Dai Giochi la chance per cambiare la penisola in un mondo migliore.

Ieri, intanto. la delegazione della Corea del Nord, che parteciperà alla cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali di Pyeongchang, è arrivata in aereo nel primo pomeriggio locale all'aeroporto internazionale di Incheon. A guidarla c'è Kim Yong-nam, "presidente" de facto per il ruolo di capo del cerimoniale. Presente anche Kim Yo-jong, la sorella più giovane del leader nordcoreano Kim Jong-un. E' la prima volta, dal 1948, che un rappresentante della famiglia Kim, fondatrice dello stato nordcoreano, mette piede ufficialmente al Sud.

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