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gb - Siamo inglesi e saltiamo la coda. Il ministro e il test-scandalo

15 aprile

Redazione ANSA LONDRA

Siamo inglesi e saltiamo la fila: in tempi di coronavirus scricchiolano pure i luoghi comuni più consolidati, fra pregi e difetti attribuiti ai vari caratteri nazionali. E' il caso del mini-scandalo abbattutosi in questi giorni su Michael Gove, uno dei più influenti ministri del governo Tory di Boris Johnson nel Regno Unito, beccato col sorcio in bocca per aver preteso di far testare a tempo di record la figlia 17enne, colpita da leggeri sintomi compatibili col Covid-19, in un Paese che da settimane arranca nella copertura dei tamponi. Tanto da negarli a masse di anziani e da stentare a garantirli persino a parte dei medici e degli infermieri in prima fila negli ospedali contro l'epidemia.
    Per miss Gove sono bastate invece poche ore. Una telefonata di papà al professor Chris Whitty, chief medical officer del Regno, un permesso speciale e test fatto. Negativo, per fortuna.
    L'urgenza è stata giustificata con l'importanza del ruolo del ministro, nodale in assenza del premier malato. E la necessità di permettergli di tornare al lavoro, dopo essersi dovuto isolare in casa nel rispetto delle linee guida di fronte ai sospetti d'un contagio in famiglia. Ma qualcuno ha storto il naso: non solo perché Gove - laurea ad Oxford, dottor sottile della politica dalla voce flautata, già sodale di David Cameron e poi alleato di Johnson sulla Brexit, ma all'occorrenza tessitore di trame e complotti alle loro spalle - è quasi l'epitome di un certo impeccabile manierismo 'british style', del "prego, passi prima lei"; anche per ragioni di sostanza.
    "Ho delle riserve - ha recriminato cautamente Rachel Reeves, neo ministra ombra dell'opposizione laburista chiamata a fronteggiare Gove sugli stessi dossier di competenza - sul fatto che certe regole valgano per alcuni e non per altri. Tanto più che c'è ovvia carenza di questi test". Critiche confinate in secondo piano dai media d'establishment, ma rilanciate in tono decisamente più polemico fra i navigatori d'internet. Incluse figure pubbliche come il controverso anchorman populista Piers Morgan che, pur simpatizzante della destra politica e di Donald Trump, si è chiesto: "Perché lui ha potuto ottenere il test per sua figlia e rientrare al lavoro mentre tanti operatori della sanità non possono?". Domanda retorica, va da sé.

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