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Comandante Schettino, l'uomo al centro del dramma

Redazione ANSA FIUMICINO

GROSSETO - "Ho fatto un guaio": Francesco Schettino avrebbe detto subito alla compagnia Costa quanto era successo alla nave "Concordia" nel passaggio davanti all'Isola del Giglio la sera del 13 gennaio. "C'é stato un contatto con il fondale", spiegò al suo interlocutore alla sala operativa della compagnia, Roberto Ferrarini responsabile dell'unità di crisi della Costa. Il contenuto delle telefonate, diverse quelle nei momenti immediatamente successivi all'impatto ed in quelli successivi dell'emergenza, è stato riferito dallo stesso comandante al gip nel corso dell'interrogatorio di garanzia. Quella sera Schettino parlò solo, in tutte le conversazioni, con Ferrarini al quale, forse percependone l'incredulità su ciò che era accaduto, assicurò: "Ti sto dicendo la verità". "Sono passato sotto il Giglio. Abbiamo dato un urto". Fin qui quanto Schettino ha raccontato ai magistrati. Ma secondo la compagnia di navigazione il comandante, quella sera, "non ci ha detto la verità".

E l'assicurazione viene dalla tolda di comando della compagnia, dal presidente della Costa Crociere Pierluigi Foschi, secondo il quale Schettino ha mentito anche al suo equipaggio: "Purtroppo anche loro - ha detto - non hanno ricevuto la corretta informazione sulla gravità della situazione" ed è per questo che gli uomini a bordo delle Concordia invitarono i passeggeri a rientrare nelle loro cabine. "Di solito valutiamo la situazione - ha detto Foschi - e in caso di necessità possiamo dare dei consigli. Questa volta non siamo arrivati a dare dei consigli perché quanto il comandante ha detto nella conversazione delle 22.05, purtroppo, questa volta ci è stato confermato non corrisponde a verità. Lo abbiamo appreso non dal comandante Schettino, e comunque troppo tardi". Due versioni contrapposte dunque, che lasciano irrisolto uno dei quesiti circa il forte "ridimensionamento" dell'accaduto e cioé quella comunicazione da bordo della 'Concordia' alla capitaneria di porto di Livorno in cui si parla di un non meglio identificato problema tecnico. Ma, io, ha detto Schettino ai magistrati "ho avvisato subito la compagnia, come era mio dovere fare".

E dopo aver descritto l'accaduto, aggiunge, "chiesi l'invio di un rimorchiatore per la nave e di elicotteri per i soccorsi". "Se ho fatto un errore, sono pronto ad assumermene la responsabilità. Ma prima é bene che siano individuati questi aspetti, questi errori, verifichiamoli e poi tutti possiamo valutare", ha detto al suo legale, l'avvocato Bruno Leporatti, che liquida come una "immane sciocchezza" le voci secondo le quali quella sera il comandante fosse ubriaco dopo aver bevuto oltremisura nella cena insieme a Domnica Cemortan, la giovane moldava vista in sua compagnia prima del disastro. Ma, ha assicurato Schettino ai magistrati, "questa persona non stava in plancia. Quella sera in plancia eravamo io e cinque ufficiali. Nessun altro". Schettino respinge anche l'accusa più infamante per un marinaio, quella di aver abbandonato la nave: "Sono rimasto su uno scoglio dove mi hanno trovato i vigili. Ero in divisa, riconoscibilissimo. E quando mi hanno chiesto di trasferirmi al porto ho detto no perché volevo restare fino a quando l'emergenza non fosse finita".

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