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La Camera boccia il Mes, la maggioranza si spacca

La Camera boccia il Mes, la maggioranza si spacca

 Palazzo Chigi: 'Ora può cambiare'. Direttore generale Mes: 'Senza ratifica di Roma la riforma non può partire'

21 dicembre 2023, 20:42

di Silvia Gasparetto

ANSACheck

Il tabellone elettronico della Camera con il risultato votazione sulla ratifica del Mes - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il tabellone elettronico della Camera con il risultato votazione sulla ratifica del Mes -     RIPRODUZIONE RISERVATA
Il tabellone elettronico della Camera con il risultato votazione sulla ratifica del Mes - RIPRODUZIONE RISERVATA

La Camera mette la parola fine al tormentato percorso del Mes. Dopo mesi di dibattiti e rinvii a sorpresa la proposta di ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità presentata dalle opposizioni arriva al voto in Aula e viene bocciata da una parte della maggioranza che si divide, con Fdi e Lega che votano contro e Forza Italia che si astiene. Ma anche l'opposizione si divide, con Pd, Iv, Azione e +Europa che votano a favore, Avs che si astiene e i 5 Stelle, come ampiamente annunciato da Giuseppe Conte, che votano contro.

Tutto si consuma già di prima mattina a Montecitorio, dove ancora è in ballo un parere della commissione Bilancio senza il quale non si poteva procedere al voto in Aula.

L'ordine di scuderia sembrava quello di tenere ancora sospeso il parere e rimandare a gennaio il redde rationem in assemblea. Ma già nella tarda serata di ieri iniziava a circolare l'intenzione della maggioranza di arrivare invece finalmente al voto. I capigruppo di maggioranza che si incontrano alle 8.30 del mattino si presentano così in commissione Bilancio con un "parere contrario" motivato con l'assenza di coinvolgimento delle Camere che perderebbero la possibilità di monitorare eventuali impatti sulla finanza pubblica (non riscontrati nel parere tecnico del Mef), che nella versione finale del parere diventano "intuibili".

 

Una forzatura, anche tecnicamente sbagliata, accusano Iv e Pd, i due firmatari delle proposte di ratifica. Ma tant'è. Il parere contrario della Bilancio apre la porta alla bocciatura dell'Aula, che si consumerà di lì a poco grazie a una inaspettata inversione dei lavori proprio per consentire il voto sul Mes prima della mini-pausa natalizia e prima dell'arrivo della manovra. La decisione, raccontano, sarebbe stata tenuta coperta fino all'ultimo ma era stata in realtà presa giorni fa e di "comune accordo" tra gli alleati e con il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, il più citato in Aula, "sconfessato" dalla sua maggioranza, secondo le opposizioni. E dalla sua Lega che vota contro e rivendica un minuto dopo sui social per voce di Matteo Salvini la "vittoria" ottenuta e "il fatto che gli italiani non dovranno pagare le banche tedesche".

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In maggioranza c'è chi non nasconde che un diverso atteggiamento della Germania sul Patto di Stabilità forse avrebbe portato a un esito diverso anche della ratifica del Mes. Ma, è il ragionamento di un big della maggioranza, se la trattativa diventa "che ognuno tutela gli aspetti di proprio interesse", allora è naturale lasciare che il Parlamento si esprima senza forzature da parte del governo (peraltro assente al momento del voto, mentre erano presenti diversi portavoce). Che il Mes non fosse di grande "interesse" italiano, che ha un sistema bancario "tra i più solidi" lo dicono anche da Palazzo Chigi, dove si "prende atto" del voto e si sottolinea che, anzi, "può essere l'occasione per avviare una riflessione" su "nuove ed eventuali modifiche" al Mes, "più utili all'intera Eurozona".

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Un ragionamento che Meloni avrebbe già avuto fatto a Bruxelles con Emmanuel Macron e con la stessa Ursula von der Leyen. Ma non si è trattato di un "fallo di reazione", stemperano il clima i collaboratori della premier, ancora malata tanto da saltare anche il brindisi con i parlamentari di Fdi (che comunque si farà, nel ristorante del questore Paolo Trancassini, a due passi da Montecitorio). Piuttosto l'esito inevitabile di posizioni sempre "coerenti", come rivendicano anche da Fratelli d'Italia. Se i parlamentari hanno saputo all'ultimo che si votava (tanto da essere richiamati in Aula in tutta fretta), della decisione non sarebbe invece stato informato preventivamente il Quirinale. Se si cercano prese di posizione di Sergio Mattarella sul Mes si rimane delusi: l'acronimo non è mai stato citato dal presidente della Repubblica negli ultimi due anni. Ma si tratta di un "silenzio non assenso" che oggi permane ripercorrendo le convinzioni del presidente sulla necessità di procedere nella strada dell'integrazione europea anche a costo di qualche compromesso. "Avvertiamo la responsabilità di unirci nel sostegno alle vigorose misure di risposta alla crisi. Alle misure già decise e a quelle ancora da assumere", diceva già nel 2020 Sergio Mattarella.

 

L'Ue delusa, a rischio il paracadute per le banche 

Dai festeggiamenti al rammarico. All'indomani dell'intesa dei ministri delle Finanze europei sul nuovo Patto di stabilità, l'Europa resta a guardare il voto con il quale il Parlamento italiano mette la parola fine alla riforma del fondo salva-Stati. Ora il completamento dell'Unione bancaria è a rischio - è il monito comune dai toni duri del direttore generale del Mes, Pierre Gramegna, e del presidente dell'Eurogruppo, Paschal Donohoe -, con il paracadute per le crisi bancarie previsto nella nuova versione del Mes che, senza il sì dell'Italia, non potrà più essere azionato il 1° gennaio come invece concordato da tutti i leader nel pieno della crisi del Covid.

E se per il governo si tratta di un'occasione per avviare una riflessione sullo strumento, per i vertici comunitari è l'ennesima occasione persa per avvalersi di un'arma in più per difendersi dagli choc economici che - è il ragionamento che circola fino alla sede del Mes a Lussemburgo - sono "imprevedibili" e mettono a repentaglio la stabilità finanziaria dell'intera Eurozona. Accompagnato per lungo tempo dallo stigma per il suo ruolo nel salvataggio lacrime e sangue della Grecia, il Mes farebbe da paracadute (backstop) al fondo salva-banche Srf (il Fondo unico di risoluzione europeo alimentato dalle banche stesse) scongiurando che siano i governi nazionali a dover mettere mano al portafoglio in caso di crisi creditizia. Un duplice tentativo di prevenire le crisi invece di curarle con dolorosi programmi di aggiustamento, e di contenere i rischi di contagio.

Ma senza il sostegno dell'Italia, ha commentato Donohoe, viene a mancare "una pietra miliare importante verso il completamento dell'Unione bancaria". Una Unione già tormentata dalle visioni contrapposte di falchi e colombe, con la ratifica del trattato tenuta per lunghi mesi in ostaggio anche a Berlino per un ricorso - poi respinto - promosso dai liberali tedeschi per i timori di "un trasferimento di poteri sovrani" incostituzionale e di condividere i rischi con i mediterranei. Ora che a mancare è però soltanto l'Italia nonostante, nelle parole pronunciate da Gramegna, i benefici che il backstop porterebbe "a tutti i Paesi dell'Eurozona", non restano che "il rispetto" del voto del Parlamento e il "rammarico" per un impegno che - ha ricordato il ministro delle Finanze irlandese alla guida dell'Eurogruppo dal 2020 - era stato assunto da tutti, Roma compresa.

Del resto, aveva ammonito anche il presidente uscente del Consiglio di vigilanza della Bce Andrea Enria, nei giorni scorsi, seppur le banche europee quest'anno abbiano dato prova di "resilienza", l'incertezza permane e la guardia va "tenuta alta". Un contesto davanti al quale il rafforzamento del fondo salva-banche resta un obiettivo a Bruxelles e a Lussemburgo. L'impegno dell'Eurogruppo per convincere Roma, rassicura Donohoe, "continuerà". Ma per il momento tutto slitta, nella migliore delle ipotesi per la prospettiva comunitaria, a data da definirsi. La sola certezza, ammette il Mes, è che la riforma resterà al palo. E che il fondo salva-Stati continuerà ad "adempiere all'importante mandato per il quale è stato creato: garantire la stabilità finanziaria nell'Eurozona". Limitandosi però "all'ambito attuale".

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