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La Transnistria sospesa tra Chisinau e Mosca

1.500 soldati russi e armi nella striscia di terra moldava

L'ultima mossa che arriva dal Cremlino è la revoca del decreto del 2012 in cui si metteva tra gli obiettivi la "soluzione del problema della Transnistria" basandosi "sul rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale" della Moldavia. Così, il rischio di uno scontro aumenta e una striscia di terra grande 3 volte e mezzo l'area di Roma potrebbe diventare determinante nella guerra tra Russia e Ucraina. L'autoproclamata repubblica di Transnistria si trova all'interno dei confini della Moldavia, lungo la frontiera con l'Ucraina sud-occidentale. Nel 1990 il Paese si dichiarò indipendente in modo unilaterale con un referendum che ottenne quasi il 90% delle preferenze: era il preludio della guerra. Le autorità di Tiraspol rivendicavano di essere il vero Stato moldavo e quando, nel 1991, la Moldavia divenne indipendente dall'Unione Sovietica, inserendo tra i suoi possedimenti anche il territorio della repubblica separatista, lo scontro ci mise poco a divampare. Il conflitto scoppiò nei primi mesi del 1992: Tiraspol, con il determinante aiuto dei russi, sconfisse presto Chisinau. Il cessate il fuoco venne mediato da Mosca, con la conseguente formazione di forze di peacekeeping con contingenti misti di Moldavia, Russia e Transnistria. La tregua raggiunta nel luglio del 1992 stabilì de facto non solo la separazione dei due Paesi, ma anche la permanenza di 1.500 soldati russi nella base militare del villaggio di Cobasna. Qui sono immagazzinate armi che potrebbero rivelarsi fondamentali in un eventuale attacco verso la Moldavia. O verso l'Ucraina. Nonostante la vicinanza con Mosca, la repubblica separatista non confina direttamente con il territorio sotto il controllo del Cremlino e le sue relazioni con la Moldavia hanno trovato un punto di equilibrio, soprattutto a seguito di tre avvenimenti. Primo, la sconfitta alle elezioni del 2011 del candidato filo-russo Anatoly Kaminsky che, in accordo con il Cremlino, sosteneva un percorso di indipendenza sia dalla Russia sia dalla Moldavia. Poi, dopo l'annessione russa della Crimea nel 2014, la richiesta di Tiraspol di essere integrata nella Federazione Russa, rifiutata da quest'ultima. Infine, l'elezione alla presidenza di Vadim Krasnoselsky, votato per la prima volta nel 2016 e riconfermato nel 2021. Questi fatti hanno in parte avvicinato la Transnistria alla Moldavia e all'Ue. I cittadini hanno quasi tutta la doppia (o tripla) cittadinanza, essendo la popolazione divisa quasi equamente tra ucraini, moldavi e russi, e possono attraversare il confine con la Moldavia. Anche dal punto di vista economico la relazione rimane forte: circa il 70% dell'export di Tiraspol si dirige verso l'Ue grazie agli accordi tra Bruxelles e Chisinau (Dcfta). Questo non significa che Mosca abbia perso tutta la sua influenza sull'area: dalla Russia arriva la maggior parte delle rimesse e il Paese ha un ruolo centrale nella fornitura di energia elettrica e di gas. Ma Mosca non ha mai riconosciuto l'indipendenza della Transnistria: la strategia del Cremlino prevedeva il reintegro della regione nella Moldavia, uno status speciale per la repubblica separatista e il mantenimento della presenza militare russa nel Paese. Una soluzione ovviamente rifiutata da Chisinau. Dopo l'allarme sul possibile attacco di Mosca alla Moldavia, lanciato dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky e confermato dalla presidente europeista moldava Maia Sandu, i recenti avvenimenti aumentano il rischio di uno scontro.

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