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La Farnesina a Razov, l'Italia condanna i referendum farsa

L'ambasciatore russo 'respinge' la posizione italiana

L'Italia "condanna i referendum farsa" organizzati dai russi nei territori occupati dell'Ucraina. E lo fa in modo ufficiale e diretto, attraverso le parole del segretario generale della Farnesina Ettore Sequi di fronte all'ambasciatore Serghey Razov, convocato stamattina al ministero degli Esteri. Un "messaggio comune, fermo, inequivocabile" dell'Ue, perché frutto di un'iniziativa coordinata, che dovrebbe portare tutti i 27 a denunciare le annessioni "illegali".

La protesta italiana, come era prevedibile, è stata però "respinta categoricamente" dal diplomatico russo. Ad ulteriore conferma che i tradizionali buoni rapporti tra i due Paesi sono ormai un ricordo lontanissimo. Dopo il voto nei territori di Zaporizhzhia, Kherson, Lugansk e Donetsk, l'Ue ha deciso di fare muro in modo compatto contro lo strappo di Mosca, invitando tutte le cancellerie degli Stati membri a convocare gli ambasciatori russi. La macchina si è già messa in moto in alcuni Paesi, dalla Francia alla Germania, dalla Polonia ai baltici. Inclusa l'Italia. Con Razov Sequi ha chiarito che Roma "non riconosce i referendum e non ne riconoscerà l'esito".

Ed ha "esortato le autorità russe a revocare tali atti illeciti ed a ritirare immediatamente, completamente e senza condizioni" i soldati dall'Ucraina. Avvertendo che "la minaccia di impiegare armi nucleari e le gravissime violazioni dei principi e delle regole Onu minano la sicurezza globale". Allo stesso tempo, Sequi ha ribadito che "l'Ucraina ha il diritto di liberare i territori occupati" e l'Italia "continuerà a fornirle un forte sostegno per tutto il tempo necessario".

Proprio il 4 ottobre, al Copasir, è in programma l'audizione del ministro della Difesa Lorenzo Guerini che potrebbe illustrare i contenuti del quinto decreto per l'invio di materiali d'armamento a Kiev. Il rinnovato sostegno agli ucraini passerà anche attraverso un rafforzamento della pressione economica su Mosca. L'ottavo pacchetto di sanzioni è arrivato sul tavolo del Coreper, i rappresentanti dei 27 all'Ue, con particolare attenzione al punto del price cap al petrolio.

Con l'Italia "pienamente allineata ai partner nel valutare ulteriori misure restrittive", ha assicurato il segretario generale della Farnesina. La replica russa al colloquio tra Sequi e Razov è stata affidata ad una nota piuttosto scarna, in cui si è spiegato che l'ambasciatore ha "respinto categoricamente le dichiarazioni della parte italiana e ha esposto le sue posizioni in merito alle questioni toccate nello spirito di quanto disposto dal discorso" di Vladimir Putin al Cremlino, nel giorno della cerimonia di annessione delle 4 regioni ucraine.

Quello che conta, in ogni caso, è che per Razov si tratta della terza convocazione alla Farnesina in sei mesi. E l'intransigenza di Roma nei confronti di Mosca è destinata probabilmente a rimanere tale anche con un governo di centrodestra a guida Meloni.

Alla Farnesina, ha puntualizzato infine Sequi, non è stato affrontato il tema del sabotaggio al Nord Stream, al contrario di quanto ipotizzato alla vigilia dal ministro Roberto Cingolani. Ma la crisi energetica resta tra le appendici più spinose della guerra. Come dimostra, nel caso specifico dell'Italia, l'interruzione dei flussi di gas russo dall'Austria verso il Tarvisio. Questione ancora irrisolta.

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