Rullano i tamburi di guerra, anche se per ora è guerra di parole, fra Londra e Mosca sulla vicenda del tentato avvelenamento con un micidiale agente nervino, domenica 4 marzo a Salisbury, dell'ex spia russa Serghei Skripal e di sua figlia Yulia. Una vicenda che si colora di nuovi misteri, fra accuse incrociate, sospetti sempre più tenebrosi, minacce ormai incombenti di sanzioni e contro-sanzioni, ombre di rappresaglie diplomatiche e forse non solo. Mentre l'Occidente si ricompatta al fianco del Regno a colpi di dichiarazioni.
L'ultimatum fissato dalla premier Theresa May alla Russia, chiamata in causa come imputata "altamente probabile" dell'accaduto sullo sfondo della presunta identificazione della sostanza letale come di un composto affine a quelli della classe 'novichok', concepiti nei laboratori sovietici fra gli anni '70 e '80, è ormai scaduto. Ma di piegarsi il Cremlino non ci pensa proprio. Non solo non accetta di doversi giustificarsi dinanzi all'Opac (l'Organizzazione sulla Proibizione delle Armi Chimiche) né di dover scegliere - come pretenderebbe Londra - se dichiararsi colpevole di aver ordinato di eliminare il traditore Skripal o di aver "perduto" uno stock di agenti chimici. Ma liquida come "immondizia" - parola del ministro degli Esteri, Serghei Lavrov - le accusa a suo carico.
"Noi non c'entriamo nulla", è la sola risposta del capo della diplomazia russa, e non c'è niente da discutere fino a quando la Gran Bretagna non rivedrà il rifiuto di condividere le provette con la sostanza che dice d'aver identificato nelle indagini affidate a 007 dell'MI6, antiterrorismo di Scotland Yard, specialisti militari. Di più. I toni bellicosi del parlamento di Westminster trovano il contraltare moscovita in quelli del presidente della Duma, Viaceslav Volodin: per il quale nell'attacco a Skripal - già bollato come "una provocazione" dal ministero degli Esteri - è semmai "evidente che siano coinvolti i servizi segreti e le autorità britanniche". Visto che la Russia non solo "non vi ha a che fare", ma non avrebbe nemmeno avuto il minimo "interesse".
Insomma, muro contro muro su tutta la linea. E guerra delle sanzioni ormai inevitabile. Il capo del Foreign Office, Boris Johnson, voce dei 'falchi' anche in questa storia, ribadisce che in assenza di "spiegazioni convincenti da parte della Russia su come è capitato che questo novichok sia finito nelle strade di Salisbury" una reazione dura sarà inevitabile. E si dice incoraggiato dal "forte sostegno" degli alleati. Francia e Germania, per bocca di Emmanuel Macron e di Angela Merkel, si uniscono in effetti all'ultimatum britannico. Mentre l'Ue parla di possibili "risposte comuni". E lo stesso fa la Casa Bianca sebbene la dichiarazione solidale di Rex Tillerson, silurato poche ore dopo dal dipartimento di Stato, lasci spazio ai toni più condizionati di Donald Trump.
Dal fronte britannico, dove sono tornati a riunirsi sia il governo sia il consiglio di sicurezza nazionale, si parla a questo punto di misure punitive non simboliche: di tagliole per i patrimoni di uomini d'affari e funzionari ritenuti vicini a Putin, di una qualche forma di boicottaggio dei Mondiali di calcio di Russia 2018, di una raffica di espulsioni ben oltre le quattro decise dopo la morte nel 2006 a Londra per contaminazione radioattiva da polonio 210 del più noto dei transfughi russi recenti, Aleksandr Litvinenko. E addirittura di un cyber attacco a cui ministero della Difesa e Gchq, equivalente dell'Nsa americana, pare stiano già lavorando a costo di scatenare un inedito conflitto elettronico aperto (per quanto non dichiarato) fra due Stati.
Si ipotizza inoltre di revocare la licenza a Russia Today Uk, sussidiaria britannica della tv internazionale 'del Cremlino': mosse a cui Mosca avverte d'essere pronta a reagire punto per punto, simmetricamente, fino a evocare a sua volta la cacciata dal Paese di tutti i media del Regno.
Dalla Bbc in giù. Riaffiorano intanto sospetti anche su vecchi misteri, con la riapertura delle investigazioni sulla morte negli ultimi anni in Gran Bretagna di 14 persone legate a vario titolo alla Russia: casi come quelli del chiacchierato oligarca Boris Berezovski, divenuto nemico giurato del Cremlino putiniano dai primi anni 2000, a suo tempo archiviati da Scotland Yard, ma su cui la ministra dell'Interno, Amber Rudd, ammette ore di volerci vedere più chiaro. A maggior ragione dopo l'ennesima morte d'un russo espatriato a Londra: l'ex uomo d'affari 69enne Nikolai Glushkov, antico sodale di Berezovski in varie trame, trovato oggi senza vita nella sua residenza. Le cause? Non ancora spiegate.