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Le sanzioni hanno colpito ma non piegato Mosca

La preoccupazione ora è per la discesa dei prezzi energetici

La Borsa chiusa per un mese, il crollo del rublo, lo spettro di una caduta dell'8% del Pil e di un'inflazione al 20%. All'indomani dell'avvio dell'operazione militare in Ucraina, l'economia russa sembrava sull'orlo del baratro, schiacciata da sanzioni occidentali senza precedenti. Dodici mesi dopo è evidente che Mosca è stata colpita ma non è stata messa in ginocchio, né isolata dal mondo, potendo soprattutto contare su un fortissimo incremento dei ricavi da gas e petrolio. Anche se, sottolinea l'economista dell'Ucla Oleg Istkhoki, con la discesa dei prezzi energetici "la crisi potrebbe far sentire tutto il suo peso nel 2023".

La vita dei russi nelle grandi città sembra immutata. Locali e ristoranti frequentati nei fine settimana, piste di pattinaggio affollate, supermercati ben forniti, negozi di grandi marchi stranieri ancora aperti nelle vie dello shopping. Molti russi continuano anche a viaggiare all'estero, per lavoro o turismo. Nel 2022 il consolato italiano ha rilasciato circa 100.000 visti. A pesare è l'inflazione, all'11,9% all'inizio di febbraio secondo la Banca centrale. Secondo la stessa fonte il 2022 si è chiuso con un calo del Pil del 2,5%, molto contenuto rispetto alla catastrofiche previsioni di marzo. Per il 2023 il Fmi prevede addirittura un segno positivo, con una crescita dello 0,3%.

L'economia ha parato il colpo soprattutto grazie all'esplosione delle entrate dalle esportazioni energetiche: 330 miliardi di dollari nel 2022, secondo l'Ispi. Le restrizioni alle importazioni, invece, hanno in parte favorito un aumento di alcune produzioni locali. Ma in buona parte il blocco è stato aggirato grazie ai nuovi canali d' importazione da Paesi terzi, primi fra tutti Turchia, Emirati Arabi Uniti e Kazakhstan. Un esempio per tutti: Samsung e Apple hanno abbandonato l'anno scorso il mercato russo, ma recentemente i loro smartphone hanno ricominciato ad arrivare grazie al sistema delle triangolazioni.

Nonostante le affermazioni pubbliche del contrario, molte aziende occidentali rimangono in Russia. Secondo uno studio dell'Università di San Gallo e dell'istituto Imd di Losanna, solo l'8,5% delle società della Ue e degli altri Stati del G7 hanno chiuso le loro controllate nel Paese. Rimangono anche le grandi banche d'affari americane Goldman Sachs e JP Morgan.

L'Occidente continua tra l'altro a importare dalla Russia metalli preziosi, come il titanio, indispensabile per l'industria aeronautica. L'Ucraina viene ancora pagata da Mosca per il transito del suo gas verso l'Europa e alla Borsa di Mosca, denuncia un deputato della Duma, vengono trattate normalmente le azioni dei produttori di armi occidentali che riforniscono Kiev.

Tra chi ha lasciato la Russia c'è McDonald's, che con l'apertura del suo primo fast food sulla Piazza Pushkin a Mosca nel 1990 era diventato un simbolo della distensione gorbacioviana. La catena è stata rilevata dal magnate russo Alexander Govor, che l'ha ribattezzata Vkusno y Tochka (Gusto e punto) e ora si candida a prendere il controllo dei fast food McDonald's anche in Kazakhstan. L'impatto più forte del conflitto ucraino in Russia c'è stato in autunno, con la mobilitazione militare parziale, caratterizzata da incertezze e confusione. Decine di migliaia di uomini sono fuggiti all'estero temendo di essere inviati al fronte, mentre si diffondevano le voci di arruolamenti per strada o alle stazioni della metropolitana. Anche alcuni italiani che hanno acquisito la cittadinanza russa attraverso il matrimonio sono stati convocati agli uffici di reclutamento, ma non risulta che alcuno di loro sia poi stato arruolato. Un italiano che organizza feste di compleanno e altri eventi in due locali di Mosca ricorda bene quei giorni: "Per almeno un mese - dice - ho visto partecipare solo donne. Gli uomini erano tutti nascosti, o scappati".

Ora il panico sembra passato, ma il decreto della mobilitazione resta in vigore e molti temono nuovi arruolamenti in futuro. Le preoccupazioni delle autorità sono invece incentrate su come continuare a finanziare il conflitto. Le vendite di gas all'Europa sono ormai crollate dell'80%, ma il rialzo speculativo dei prezzi fino a 8-9 volte aveva consentito fino a qualche mese fa a Mosca di aumentare i guadagni. Nonostante ciò, il bilancio statale si è chiuso nel 2022 con un deficit pari al 2,3% del Pil. E adesso che i prezzi del gas sono meno della metà dei picchi raggiunti lo scorso anno, le cose sembrano destinate a peggiorare.

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