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Il sindaco di Londra all'attacco della Brexit, 'fa danni enormi'

Sadiq Khan contro i Tory, mentre nel Paese cresce il 'Bregret'

Annacquare la Brexit, se non proprio rientrare nell'Ue. A chiederlo senza più giri di parole, rompendo il fronte della prudenza nel suo stesso partito, è il sindaco laburista di Londra, Sadiq Khan, primo esponente di spicco britannico con un ruolo di potere di livello nazionale a spingersi così avanti, sulla scia dei segnali di ripensamento - o quanto meno delle perplessità - che continuano ad emergere dall'opinione pubblica del Regno Unito: in preda a un malcontento sempre più diffuso per una crisi legata in larga parte a fattori globali, ma aggravata agli occhi di molti oltre Manica dai contraccolpi dell'addio all'Ue.

L'attacco a viso aperto di Khan, primo sindaco di radici pachistane e musulmane nella storia della capitale del Regno Unito, sorprende fino a un certo punto, tenuto conto che il suo elettorato di riferimento è quello di Londra: metropoli cosmopolita a prevalenza liberal da sempre anti-brexiteer, nella quale molti interessi si erano sentiti minacciati fin dall'inizio dallo strappo. E si rivolge in particolare alla versione "hard" imposta dagli ultimi governi conservatori al Regno dopo la contrastata vittoria di 'Leave' al referendum del 2016.

L'occasione è stata un intervento pubblico nel quale il primo cittadino - a due anni dell'entrata in vigore definitiva del divorzio da Bruxelles - ha preso di mira i Tories, accusandoli di aver inflitto "un danno immenso" al Paese. Ma ha criticato indirettamente pure il leader neomoderato del Labour, Keir Starmer, evocando un ripensamento almeno a favore di una Brexit più soft: magari con una riadesione (dall'esterno) al mercato unico e all'unione doganale europea. Prospettive che sir Keir ha invece di recente escluso nettamente, impegnandosi a non riaprire un dibattito "chiuso" per non rialimentare le divisioni del passato. E limitandosi a dire di voler "far funzionare la Brexit" - se diverrà primo ministro - attraverso un generico rapporto migliore col club dei 27.

Khan non le manda a dire e dice che la Brexit non funziona. "Dopo due anni di negazione e di fuga dalla realtà - replica - dobbiamo confrontarci con la dura verità dei fatti: la Brexit non funziona. Ha indebolito la nostra economia, lacerato l'unione interna (fra le nazioni del Regno), sminuito la nostra reputazione". Qualcosa a cui a suo dire si può ancora "porre riparo" solo a condizione di ripristinare "un maggior allineamento con i nostri vicini europei, di svoltare da questa Brexit hard ed estrema a una versione gestibile che sia al servizio della nostra economia e della nostra popolazione": svolta che dovrebbe comprendere "un dibattito pragmatico sui benefici del mercato unico e dell'unione doganale".

I sondaggi indicano del resto una delusione crescente fra i sudditi di Sua Maestà sui risultati e le mancate promesse della separazione. Sentimento condiviso in questo tempo di crisi persino da una maggioranza relativa di elettori favorevoli al divorzio nel 2016, stando a un ultimo rilevamento. E per il quale alcuni media e analisti hanno già coniato un neologismo, "Bregret", crasi fra Brexit e regret: che in inglese significa 'pentimento'.

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