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Muore dopo torture in Iran. Il fratello lo ricorda sui social

Era in coma da 20 giorni. Aveva studiato in Italia. Artista lo 'disegna' come Zaki

Morto dopo le torture, fratello lo ricorda con un video. Nel montato momenti di vita quotidiana del giovane 
"Baradaram", "fratello mio", con accanto una rosa appassita. Due parole in italiano, una sola in persiano, sono quelle scelte dal fratello di Mehdi Zare Ashkzari per ricordare con un video il giovane poco più che trentenne morto in Iran dopo venti giorni di coma, a seguito delle torture subite nel carcere in cui era stato arrestato per aver preso parte alle manifestazioni di protesta che da mesi agitano il Paese. Nel montato si susseguono immagini che ritraggono Mehdi in momenti di vita quotidiana: occhiali da sole, felpa e cappellino in testa, la gioventù e la voglia di vivere negli occhi. In un breve passaggio che sembra provenire dai social si vede Ashkzari cantare in macchina, sorridente, insieme a un altro giovane, presumibilmente lo stesso fratello. Ci sono poi fotografie del giovane in sella ad un cavallo, al McDonald's e infine insieme ad una signora che probabilmente è sua madre. Quella mamma cui Mehdi era profondamente legato e che, appena saputo che si era ammalata, nel 2021, aveva raggiunto tornando in Iran da Bologna. Nel capoluogo emiliano, che oggi lo piange, Mehdi aveva studiato Farmacia lavorando in una pizzeria della zona universitaria. In sottofondo al video del fratello, una canzone persiana dalle note malinconiche.

Artista lo ricorda in un disegno come Zaki. Il ritratto creato da Gianluca Costantini 
Un disegno con il volto di Mehdi Zare Ashkzari, il giovane poco più che trentenne morto in Iran dopo venti giorni di coma a seguito delle torture subite dopo l'arresto per aver preso parte alle proteste, è stata disegnata dal fumettista Gianluca Costantini, autore dell'ormai celebre disegno che ritrae Patrick Zaki, realizzato a sostegno della battaglia per la sua liberazione ed esposto in molti spazi pubblici di Bologna e nel resto del mondo. Il nuovo disegno di Costantini è stato pubblicato questa mattina dall'artista sui suoi profili social.

La morte dopo 20 giorni di coma
Un giovane poco più che trentenne è morto in Iran dopo venti giorni di coma a seguito di torture. Era stato arrestato, pestato e poi rilasciato proprio per paura che morisse in cella. Si chiamava Mehdi Zare Ashkzari e a rendere la sua agghiacciante fine ancora più 'sentita' in Italia è il legame con Bologna e con la sua università in particolare, dove Mehdi aveva studiato farmacia, prima di rientrare in patria due anni fa. Ed è Amnesty International Italia a diffondere le prime informazioni sul caso. Poi il messaggio di Patrick Zaki che, con la scomparsa del trentenne iraniano, sottolinea come l'Università di Bologna abbia "ora una nuova vittima della libertà di espressione". Parole disarmanti quelle dello studente egiziano rimasto in prigione in patria per due anni per reati d'opinione, quando commenta: "Purtroppo, questa volta, era troppo tardi per salvarlo". E' però poi il fiume di reazioni, di testimonianze e di affetto di chi lo conosceva e aveva condiviso con Mahdi gli anni universitari che fa della città italiana la cassa di risonanza di questo ennesimo caso shock proveniente dall'Iran. Mehdi Zare Ashkzari "era uno di noi", dice all'ANSA Sanam Naderi, iraniana che vive a Bologna, "era conosciutissimo, molti studenti sono stati da lui, hanno mangiato la pizza dove lavorava. Era sempre sorridente".

Mehdi si era iscritto all'università nel 2015 e per un periodo aveva lavorato come fattorino, per mantenersi agli studi, poi come aiuto-cuoco in una pizzeria. Due anni fa era tornato in Iran per stare vicino alla madre che stava male, poi la madre è deceduta, come racconta un altro suo amico, Ali Jenaban: "L'ultima volta che l'ho sentito era felice, mi diceva 'con la famiglia andiamo avanti'. Anche lui partecipava alle manifestazioni per la libertà, per trovare quello che vogliamo tutti noi". "Abbiamo avuto la notizia della morte solo ieri sera perché i familiari non avevano detto niente per non avere problemi nel fare il funerale, altrimenti il regime non rilascia il corpo", racconta Sanam. "Domani ti seppelliranno accanto alla tomba di tua madre è li ritroverai la pace, ma mi raccomando non farle vedere i segni delle botte e dei lividi e il tuo naso rotto", scrive un parente. La comunità attorno all'ateneo bolognese è sconvolta:

"Accogliamo la notizia con sgomento, dolore, indignazione ed esprimiamo il nostro cordoglio alla famiglia e la nostra solidarietà a tutte le iraniane e a tutti gli iraniani che, anche nelle Università, stanno lottando e soffrendo per i valori che ci sono più cari", ha commentato il rettore di Bologna, Giovanni Molari. "L'università e la città di Bologna continueranno a chiedere giustizia e l'intervento delle istituzioni", gli ha fatto eco la professoressa Rita Monticelli, coordinatrice del Master Gemma frequentato da Patrick Zaki e delegata del sindaco ai diritti umani e al dialogo interreligioso e interculturale, intervenendo alla marcia della pace in città. E dal palco della marcia la vicesindaca di Bologna, Emily Clancy, lancia un messaggio di solidarietà: "Da Bologna mandiamo un pensiero molto forte alla famiglia di Mehdi Zare Ashkzari. A tutti coloro che lottano per la libertà di donne e uomini in Iran. Mandiamo un forte abbraccio di fratellanza e sorellanza alla comunità iraniana".

Gli occhi del mondo restano così puntati sulla feroce repressione iraniana anche con l'inizio di questo nuovo anno, e proprio in seguito ai festeggiamenti nella notte sono stati arrestati a Damavand, vicino alla capitale iraniana, alcuni ex e attuali calciatori di una nota squadra di Teheran, per aver partecipato a una festa di Capodanno con uomini e donne e aver consumato alcolici. Lo scrive l'agenzia iraniana Tasnim. Dagli ultimi aggiornamenti risulta che lo stato di fermo per gli sportivi sia comunque durato poco, e siano stati rilasciati dopo poco. L'episodio rimarca però il fatto che dalla Rivoluzione islamica del 1979 in Iran è vietato partecipare a feste miste, con uomini e donne, e bere alcolici. Intanto è stato anche rilasciato il giornalista dissidente Keyvan Samimi, che era in carcere dal dicembre 2020 accusato di "tramare contro la sicurezza nazionale".

 

 

 

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