Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Mondo
  1. ANSA.it
  2. Mondo
  3. Il Donbass, il cuore della crisi ucraina

Il Donbass, il cuore della crisi ucraina

Le spinte secessioniste della regione che parla russo

La questione dell'Ucraina, ed in particolare del Donbass, si può considerare la madre di tutte le battaglie per Vladimir Putin, nel suo disegno che mira a porre un argine al progressivo allargamento della Nato in Europa orientale. E la ricca regione carbonifera nel sud-est del Paese, dove vive una consistente comunità russofona, è per lo zar il cuscinetto ideale, anche per rosicchiare territorio a Kiev ed indebolirne le pretese di entrare nell'orbita occidentale. 

Nel Donbass oltre 770mila ucraini hanno il passaporto russo, su una popolazione di circa 5 milioni di abitanti, e secondo Mosca negli ultimi giorni altri 950mila residenti hanno fatto la stessa richiesta. Con la "madre Russia" c'è un legame antico, rafforzato da una Chiesa ortodossa locale che si è staccata da quella ucraina per legarsi a Mosca. Questo legame si nutre anche dell'insofferenza della popolazione verso lo Stato centrale. Perché le condizioni generali di vita, dall'uscita dell'Ucraina dall'Urss, nel 1991, sono peggiorate progressivamente. E allo stesso tempo, sono cresciute le pulsioni secessioniste. 

La miccia si accende nel 2014, quando dopo la rivolta filo-Ue di Maidan e la cacciata di Viktor Yanukovich dal potere, Mosca in reazione decide l'annessione della penisola della Crimea, nel sud dell'Ucraina. Da quel momento parte la mobilitazione anche del Donbass, con gruppi militari delle regioni di Lugansk e Donetsk che riescono in breve tempo a prendere il controllo di parte della regione, grazie all'appoggio occulto di Mosca, che fornisce denaro e armi. I secessionisti vittoriosi sul campo dichiarano l'indipendenza dall'Ucraina proclamando la nascita della Repubblica Popolare di Donetsk e la Repubblica Popolare di Lugansk. In seguito organizzano un referendum, che secondo i leader ribelli ha un esito bulgaro: la stragrande maggioranza della popolazione vota a favore dell'annessione alla Russia.

Gli sforzi della diplomazia internazionale per riportare stabilità nell'area e porre fine ad un conflitto che ha provocato oltre 10mila morti conducono agli accordi di Minsk, che vengono sottoscritti sia dai filo-russi che da Kiev, sotto il cappello delle potenze occidentali, Francia e Germania, e della Russia. I combattimenti sulla carta devono finire ed il Donbass deve tornare sotto il controllo dell'Ucraina, in cambio di una maggiore autonomia. Ma le intese sottoscritte nella capitale bielorussa non sono risolutive, perché in parte non attuate per responsabilità di entrambe le parti. Mosca non è formalmente parte nel conflitto e quindi non si sente vincolata. Mentre le autorità di Kiev, su pressione della frangia nazionalista del Paese, non riescono a concedere l'autonomia ai separatisti. Ed il conflitto, anziché finire, è riesploso. 

        RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

        Video ANSA



        Modifica consenso Cookie